Nel giorno della liberazione dei campi di sterminio di auschwitz-birkenau, vi sono tante manifestazioni di sdegno e tanti appelli morali perché un tale orrore non si ripeta più. Tutto ciò è encomiabile, ma continua a non affrontare la causa centrale della shoah e di tanti altri atti di violenza e discriminazione: la paranoia individuale e collettiva, che interagisce in modo complesso con i fattori economici, sociali e culturali dei vari contesti. Come evidenziato da numerosi psicoanalisti – ad esempio Melanie Klein, Wilfred Bion, Otto Kernberg – tutti noi attraversiamo nella primissima infanzia il cd stadio schizo-paranoide, collegato in particolare allo stadio orale dello sviluppo. In questo stadio il seno e la mamma sono divisi in buoni e cattivi a seconda se gratifichino o meno il bambino, ed il seno cattivo è interpretato come persecutorio, proprio perché il bambino proietta su di esso rabbia e frustrazione. Questo stadio viene superato con maggiore o minore successo in base a vari fattori (in particolare il grado di nevrosi dei genitori e della società), e costituisce la base del successivo complesso di Edipo, le cui dinamiche* sono state scoperte da Sigmund Freud. Insomma, vi è una struttura paranoide più o meno rilevante nelle nostre società, e che sarebbe un grave errore sottovalutare. Infatti, come mostrato da tanti eventi storici, finché le cose vanno bene siamo tutti buoni e miti, ma se cominciano i problemi economici, gli aspetti paranoici – ad esempio l’odio per gli immigrati**, che tendono inconsciamente ad essere percepiti come dei fratelli rivali che rubano i soldi e l’affetto dei genitori – tornano prepotentemente alla ribalta. E quando tali paranoie si coagulano in sentimenti condivisi e supportati da dittatori fallocentrici (che rappresentano un papà idealizzato e che al tempo stesso si odia) i pericoli di nuove shoah — e di tante altre discriminazioni e marginalizzazioni dei nostri giorni, spesso subdole e ipocrite — diventano realistici. In questo senso, tali pericoli saranno veramente scongiurati solo quando vi sarà una diffusa comprensione psicoanalitica della paranoia individuale e collettiva.

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* Abbiamo svolto qualche considerazione sul complesso di Edipo nel seguente articolo, Il Complesso di Edipo e l’Importanza del suo Superamento per il Progresso Individuale e Sociale – TOGETHER (wordpress.com)

** Si riporta un interessante passo, «L’interiorità della madre è il castello e la cattedrale della prima infanzia. È il dominio del sacro che il bambino idealizza ma che cerca anche di profanare─per invidia, secondo la visione kleiniana. Io ipotizzo che l’invidia che sperimenta questo “predone infantile dell’arca perduta” ─ e forse tutte le esperienze successive di invidia derivano in parte da questa idea ─ sia costituita da sentimenti di ingiustizia, rivalità, desiderio di vendetta e richiesta di essere restituito al suo regno perduto: l’onnipotenza. È come se il bambino dicesse “Il corpo della mamma un tempo era casa mia e ne sono stato sfrattato senza tante cerimonie. Non desidero invaderlo o confiscarlo; desidero rivendicare ciò che è propriamente mio. Ogni volta che contemplo il corpo materno, in particolare il suo seno, non posso fare a meno di ricordarmi che un tempo era mio, e che lei un tempo era me, ora invece mi ritrovo all’esterno a contemplare ardentemente lei ed il seno. Ogni volta che li guardo mi sovvengo di ciò e di chi non ho più-di chi non sono più!” Nel frattempo comincia a rendersi conto [in connessione con la rivalità edipica] che il fallo paterno è un intruso che ruba il suo posto nella casa materna. La funzione dell’invidia da quel momento è assunta dal rifugio psichico, se un contenimento sufficientemente adeguato non arriva in tempo e nel corso del tempo.», James S.Grotstein “Il Modello Kleiniano-Bioniano”, Raffaello Cortina Editore, 2011, pp.238-239. Titolo originale “But at the Same Time and on Another Level”, Karnac Books, 2009.

Arturo Hermann