Il fallimento di molti aspetti delle esperienze dei paesi del socialismo reale può dipendere dalla circostanza che, più che una dittatura del proletariato, hanno realizzato una dittatura sul proletariato diretta dalle élites del partito unico. I soviet sono una bella invenzione ma sono stati rapidamente svuotati delle loro funzioni di rappresentanza democratica delle istanze dei lavoratori. A questo punto, i lavoratori potevano soltanto conformarsi alle direttive dei piani quinquennali redatti dalle élites. Se, ad esempio, il piano stabiliva che i dirigenti guadagnavano dieci volte di più degli operai, e che i salari di questi ultimi non potevano aumentare, poniamo, più del 3% nel periodo, se un sindacato osava protestare e proporre aumenti maggiori, non solo non riusciva, ma veniva pure messo fuori legge per attività antirivoluzionaria.

Lo stesso può dirsi per la Cina attuale: anche qui, le sistematiche violazioni dei diritti umani e l’adesione al neoliberismo con lo sfruttamento anche di bambini vengono realizzati dalle élites “nell’interesse dei lavoratori”, (però, come anche notato in seguito, sull’economia sembra esservi un cauto dibattito). Eppure, i dirigenti cinesi dovrebbero ricordare che per Marx il mercato è un meccanismo di sfruttamento che, lasciato a se stesso, non produce “accumulazione originaria” ma solo gravi squilibri economici. E che, per attirare il capitale estero in modo duraturo sono necessarie non politiche di sfruttamento selvaggio ma di valorizzazione dei lavoratori e del loro “capitale umano”. Quindi bisogna lottare da subito per ottenere più potere del lavoro sul capitale in un mercato regolato. Certo, si potrà dire, la Cina è la prima economia mondiale o giù di lì, ma si potrebbe aggiungere, lo è nonostante il neoliberismo, e sarebbe molto più avanti con politiche progressiste.

Però quello che è più tragico è la quasi totale assenza di qualsiasi critica costruttiva da parte occidentale a ciò che non va in questi paesi: prevale una sorta di sterile ideologia, basata sull’idealizzazione del capo, in base alla quale qualsiasi cosa fanno questi paesi va bene, o almeno è giustificabile, perché “sono socialisti”. In questo senso, sembra esservi, almeno sui temi economici, maggiore dibattito in Cina, sempre nell’ambito di una éilte ovviamente, che in occidente. Invece, ancora buio profondo sulle sistematiche violazioni dei diritti umani (e sulla trasparenza delle informazioni), sembra che non suscitino molto interesse, né ad oriente né ad occidente.

Recuperare il concetto di democrazia, andando oltre la formale democrazia borghese per realizzare la democrazia sostanziale del socialismo, può costituire lo snodo per un’effettiva transizione verso un socialismo/comunismo democratici basati sulla programmazione democratica. Si tratta, come notava il filosofo di indirizzo socialista John Dewey, di rendere effettivamente possibile ad ogni cittadino di partecipare con le sue potenzialità alla vita economica e sociale.

Vi sono molte aree in cui si potrebbe intervenire per realizzare in concreto la democrazia sostanziale: a livello politico, stabilendo un contatto più diretto tra cittadini e parlamentari (nel sistema attuale, il parlamentare, una volta eletto non è tenuto ad informare/coinvolgere i cittadini delle sue azioni), con la possibilità per i primi di contribuire fattivamente alle proposte di legge ed agli indirizzi politici. Lo stesso vale, ovviamente, per i livelli regionali e locali, da un lato, e sovranazionali (ad esempio, a livello UE), dall’altro.

Nei luoghi di lavoro, superando la concezione neoliberista, confindustriale (e nevrotica) del “lavoratore pigro” che deve essere sferzato dal mercato o dalla gerarchia, o da una combinazione tra i due che rafforza i privilegi e le inefficienze di entrambi. E promuovendo una maggiore responsabilizzazione per le mansioni svolte unita alla possibilità concreta per i lavoratori di contribuire alle scelte decisionali delle imprese. Questo perché, come molti studi evidenziano, il lavoratore tende ad avere, tranne casi patologici, un bisogno intrinseco di sentirsi utile e partecipare alla vita lavorativa e sociale.

Ma le tematiche della democrazia sostanziale sono ancora largamente disattese, tanto in occidente che in oriente. Eppure, come si è cercato di evidenziare, la democrazia sostanziale può definirsi un “indicatore” della realizzazione di obiettivi di socialismo democratico. L’obiettivo sarebbe arrivare ad un sistema produttivo effettivamente gestito dai lavoratori.

Arturo Hermann