di Nuccia Ardizzone
LA PENITENZA NELLA CHIESA DEL PRIMO MILLENNIO
Per Francesco, fare penitenza (FF110) significa iniziare quel radicale mutamento di direzione che lo porta ad abbandonare la vita del mondo, per dedicarsi completamente a un percorso di totale conformità alla volontà di Dio.
Fare penitenza è il fondamento della scelta fatta, non per iniziativa personale, ma per puro dono della grazia, è il carisma che
caratterizza la vita di Francesco e quella di tutti i suoi fratelli, in ogni tempo. Fare penitenza è, per lui, la via al regno di Dio; è uno stile di vita praticato ed annunciato a tutti. Questa espressione di Francesco può essere resa anche con “conversio ad Deum” che possiamo accostare al termine biblico di “metanoia”.
LA DISCIPLINA PENITENZIALE DALLE ORIGINI AL XI SECOLO
L’origine del movimento penitenziale nella Chiesa d’occidente, è sicuramente collegata alle norme ecclesiastiche, riguardanti le
modalità richieste per avere il perdono dei peccati commessi dopo il battesimo. Fin dal suo sorgere, il movimento fu influenzato dalle pratiche ascetiche in uso nelle comunità orientali, adattate alla legislazione stabilita per la penitenza nella Chiesa di Roma.
La dottrina ecclesiastica prevedeva che il battesimo venisse amministrato soltanto in età adulta, ma che il cristiano, caduto in
peccato, non fosse considerato perduto per sempre, né davanti a Dio, né per la Chiesa La vita del cristiano, dopo il battesimo, dovrebbe essere tutta immersa nell’amore e nella volontà di Dio, ma non tutti comprendono allo stesso modo il dono divino. Secondo gli scritti patristici del II e III secolo i peccati gravi erano, in ordine decrescente: impurità, incesto, adulterio, omosessualità, omicidio, idolatria, apostasia, magia, avarizia, furto; interessante notare il cambiamento di valutazione avvenuto nel corso dei secoli! Il peccato grave, dopo il battesimo, era perdonato dietro impegno serio di cambiamento, sia nella vita spirituale, che nella vita concreta di tutti i giorni. L’impegno di conversione si manifestava esteriormente nel fare penitenza. Di questa erano elementi essenziali la preghiera, il digiuno e l’elemosina. La vita penitenziale cominciava con un atto pubblico che
introduceva il penitente nell’Ordo poenitentium, dopo la confessione fatta in privato al vescovo. Era la stessa assemblea dei fedeli a stabilire la durata e il tipo di espiazione a cui il nuovo arrivato doveva sottostare. Da quel momento, la sua vita avrebbe rivelato a tutti la sua condizione di penitente; per lui l’ultimo posto in chiesa, o addirittura fuori della porta. Per lui logicamente, era prevista l’esclusione dall’Eucarestia; erano obbli gatori l’abito di ruvide pelli caprine (cilicio), digiuni rigorosi e preghiere prolungate, capo coperto di cenere, astinenze coniugali, capelli e barba incolti o del tutto rasati, divieto di curarsi della propria persona, ecc.In pratica, l’ingresso in penitenza era una vera morte civile, per di più con la minaccia che non sarebbe stato possibile ripeterla una seconda volta. Questa era la penitenza canonica, cioè secondo i canoni, regolata dalle norme dei vari concili. Al termine del periodo di espiazione, che poteva durare da qualche settimana, a un anno o più, il peccatore veniva riammesso di solito, il giovedì santo alla celebrazione eucaristica. Chi rifiutava di fare penitenza, cadeva nella scomunica: cioè nell’esclusione totale dal culto e dalla vita sociale, fino a quando non si sottometteva alla espiazione prescritta. La prassi diviene anche più severa nel V – VI secolo, infatti si ammettevano alla penitenza solo quelli che davano serie garanzie di non violare mai più gli impegni battesimali. Si era giunti in seguito a negare l’ingresso nell’Ordine della penitenza, ai giovani e ai coniugi non ancora in età matura. Quando il peccatore entrava nella espiazione, era quindi inserito in un Ordo poenitentium ufficialmente riconosciuto dalla Chiesa. Questo si andava organizzando pian piano in un vero istituto religioso, di carattere transitorio, per rendere meno aspre le privazioni del penitente, ma lasciandogli l’umiliazione di far parte pubblicamente dell’Istituto. L’inasprimento delle disposizioni portava a rimandare la penitenza alla fine della vita; la prassi penitenziale, soprattutto per la sua eccessiva severità, cade in disuso abbastanza rapidamente negli ultimi secoli del primo millennio.
PENITENZA PRIVATA
Dal V secolo si stava affiancando alla pratica della penitenza pubblica, l’uso della penitenza privata che poteva essere anche
ripetuta. Questa pratica era originaria dell’Irlanda e di altre regioni della Gran Bretagna. Da notare che probabilmente, in quelle regioni così lontane da Roma, non si conosceva nemmeno la penitenza pubblica. Si deve a san Colombano (543-615) e ai suoi confratelli, l’introduzione di questa forma di penitenza nel continente europeo Gli elementi caratteristici della penitenza privata erano due: la segretezza e la possibilità di ripeterla più volte; inoltre non era indispensabile la presenza del vescovo per essere assolti; era sufficiente confessarsi da un qualsiasi sacerdote. Una particolarità della penitenza privata, era l’uso della “penitenza tariffata “, per cui ad ogni peccato corrispondeva una precisa espiazione. Gli elenchi dei peccati e delle relative pene (penitenziali) erano a disposizione dei sacerdoti che si attenevano ad essi scrupolosamente.
I PENITENTI VOLONTARI
In questo stesso periodo, si sviluppa e si diffonde l’iniziativa di certi fedeli, che pur non avendo commesso peccati gravi, entravano spontaneamente nell’Ordo poenitentium; per desiderio di perfezione si assoggettavano alla legislazione penitenziale, disposti a restare per sempre nell’Ordine. I fedeli che sceglievano questa via erano chiamati penitenti o conversi, semplicemente senza altre distinzioni. Questa forma di vita aveva, per molti, un gran valore spirituale; essa si propaga ovunque, sia pure con una visibilità diversa, secondo i luoghi e le situazioni, fino al basso Medioevo ben oltre il tempo di San Francesco. “ I penitenti sono una “categoria di fedeli distinta sia dai chierici che dai monaci “, così li definisce un canone del concilio di Toledo del 633. La loro spiritualità promuoveva il distacco da ogni attività e professione, ritenuta dannosa per il cammino spirituale, tutto concentrato nella visione escatologica della vita cristiana
STILE DI VITA DEI PENITENTI
Segno distintivo della vita penitenziale era l’abito così composto:tonaca di stoffa grossolana, cintura, sandali, bastone e bisaccia.
Dedicavano molto tempo alla preghiera, con confessione e comunione frequente. Erano tenuti alla continenza: perpetua per i
celibi e periodica per gli sposati, per questo in qualche città erano anche chiamati “continenti”. Dovevano astenersi da ritrovi e feste in cui ci fosse pericolo di linguaggio immorale, ubriachezza, eccetera. Non potevano esercitare professioni o incarichi in cui fosse a rischio la salute dell’anima, per esempio magistrato, avvocato, mercante. La vita militare era assolutamente proibita, da ciò derivava il divieto di usare armi a qualsiasi titolo e più tardi ne consegue il rifiuto di giurare fedeltà ai signori feudali e alle autorità civili.
IL PELLEGRINAGGIO
Il pellegrinaggio penitenziale, già conosciuto nei primi secoli del cristianesimo, diviene una pratica molto diffusa e così importante da meritare al pellegrino la cancellazione di ogni altra riparazione dovuta, secondo le regole, per le colpe commesse. In effetti il pellegrinaggio comportava alti rischi e spesso chi partiva non faceva ritorno. Per questo il pellegrino, prima della partenza, do veva ricevere i sacramenti e era tenuto a fare testamento. In seguito, la scelta del cammino penitenziale verso le tombe degli apostoli e la Terra Santa, è praticata da numerosi fedeli, specialmente per l’influsso dei monaci irlandesi che avevano fatto del pellegrinare, il loro maggiore impegno ascetico e missionario. Ai tempi della riforma carolingia (VIII – IX secolo), il pellegrinaggio era molto in uso anche tra cristiani desiderosi di visitare luoghi di devozione, a vantaggio della propria vita spirituale e non per espiare i peccati commessi. Infatti era considerata di massima importanza vivere un’esistenza ispirata alla povertà evangelica e a una disciplina penitenziale volontaria. I laici che l’abbracciavano erano spesso accanto ai monaci, per
realizzare, con essi, ospizi e rifugi in grado di accogliere i pellegrini lungo i percorsi più frequentati. I penitenti volontari si prendevano cura dei malati e dei feriti, inoltre si prestavano ad ogni opera di carità necessaria ad alleviare i disagi dei viandanti. Essi potevano anche formare, in modo temporaneo o definitivo, piccole fraternità per il servizio dei malati, dei lebbrosi e degli appestati durante le epidemie. Le donne potevano abbracciare la vita penitenziale, rimanendo in famiglia o formando piccoli gruppi, dediti alla preghiera, alle pratiche ascetiche e alle opere di carità. Venivano chiamate in vari modi; più tardi da queste comunità, iniziava nel Belgio e nei paesi bassi, il movimento delle beghine.
L’EREMITISMO
Negli stessi anni in cui il pellegrinaggio è in pieno sviluppo,comincia a diffondersi l’opposta forma di vita: l’eretismo che prevede, come si sa, solitudine, preghiera, silenzio e penitenza. L’eremita lavorava per mantenersi, usciva dall’eremo raramente, per predicare la conversione e la pace nei paesi che attraversava. Praticava l’accoglienza e molti andavano da lui a chiedere consigli per il loro cammino spirituale.
IL NUOVO MILLENNIO
Il procedere della storia umana comporta trasformazioni e mutamenti che, tra decadenza e innovazione, avviano la società per
sentieri sempre nuovi, imprevedibili e spesso faticosi. L’avvento del secondo millennio trova la immobile società feudale pronta a una profonda rivoluzione politica e religiosa, ormai inevitabile. Non è possibile approfondire in queste poche righe, la complessità delle vicende di quel tempo. Basta ricordare qui la nascita dei liberi comuni in Italia e la conseguente affermazione delle nuove classi sociali (cavalieri, mercanti, artigiani, magistrati…).
I LAICI
L’avvio delle nuove strutture cittadine, prevedeva la presenza di confraternite e corporazioni di laici in diverse mansioni. Aveva inizio così, una modalità laicale di vita cristiana che, accanto ai monaci e al clero, acquistava un ruolo di primaria importanza e
si esprimeva con buoni risultati nella organizzazione e amministrazione dei comuni. Ormai, il lavoro di qualunque genere, stava acquistando una nuova dignità: non era più considerato come pena per il peccato o mortificazione ascetica volontaria, ma come mezzo per provvedere alle necessità della famiglia e come espressione della creatività personale. La consapevolezza della propria importanza nella chiesa, dava ai laici la forza sociale e l’autorità necessaria per rivendicare maggiore attenzione da parte dei chierici. Per esempio, la lettura della Bibbia, fino ad allora monopolio del clero e dei monaci, veniva almeno in parte, concessa anche ai laici
I MOVIMENTI PENITENZIALI NEL SECONDO MILLENNIO
Proprio in questo momento, la vitalità dell’Ordo poenitentiun sembra diminuire; nel corso del XII secolo si era ridotto a poche
comunità, soprattutto femminili, composte da donne che non potevano o non volevano fare vita monastica. Nella seconda metà del secolo avviene però un’inversione di tendenza, anche per l’influenza delle riforme di papa Gregorio VII (1073 – 1085): il movimento penitenziale rifiorisce. Parte del merito è certamente da attribuirsi all’opera dei predicatori itineranti, che predicano la povertà e la penitenza, ispirandosi all’annuncio evangelico, conforme alla vita apostolica dei primi secoli.Il movimento penitenziale si libera così da imposizioni derivate dalle regole monastiche, per assumere un valore autonomo e un indirizzo adeguato alla vita laicale.Inoltre, nello stesso periodo, cominciano a diffondersi fraternità di coniugati e celibi che, senza abitare insieme, osservano lo stesso “propositum vitae”. Sono uniti fra loro nella preghiera e nell’assistenza ai poveri, agli infermi e ai più miseri del loro ambiente. Accettano l’autorità di un superiore a cui vengono dati ampi poteri di controllo, per un preciso impegno sottoscritto da tutti i fratelli della comunità: si tratta di una promessa simile a una vera professione religiosa. È evidente che queste sono esperienze spontanee di vita comunitaria laicale, con ordinamenti diversi tra loro, ma fondamentalmente tutti legati al movimento penitenziale originario. Soltanto in Italia, esse ricevono l’approvazione ecclesiastica
GLI UMILIATI
Tra queste comunità, sorte in diversi ambienti e classi sociali, avevano raggiunto una notevole diffusione quelle degli Umiliati.
Erano chiamati così per il vestito umile che indossavano e per il tenore di vita modesto che osservavano, pur essendo di famiglia nobile e ricca. Le loro origini sono da ricercarsi nella diocesi di Milano tra le corporazioni della lana. Sono sostenitori della vera fede contro gli eretici, allora numerosi in Lombardia. Non era facile resistere alla tentazione di aderire alla pressione delle correnti ereticali, ma solo una piccola parte delle fraternità, perseverando negli errori dottrinali, incorre nella scomunica definitiva da parte della Chiesa. Una particolarità interessante degli Umiliati, è l’organizzazione in tre rami: i chierici, i monaci e le monache che s’impegnano con i voti, vivendo in monasteri separati, e il terzo ramo, costituito da laici, coniugati e celibi che vivono in famiglia, impegnandosi soprattutto nel lavoro manuale Essi partecipano alle attività della fraternità, osservando il “propositum vitae” in tutto ciò che riguarda la preghiera, l’organizzazione della vita comunitaria, le opere caritative e l’obbedienza ai superiori. L’aspirazione delle comunità di penitenti era, dunque, il rinnovamento dello spirito di povertà e un più efficace annuncio del Vangelo. Ormai era abbastanza comune la presenza di predicatori laici, detti di solito itineranti, che si fermavano nei paesi a leggere e commentare la Parola di Dio, senza curarsi troppo di chiedere al vescovo il permesso di evangelizzare.Tra questi erano numerosi gli Umiliati che, però, nella predicazione si distinguevano tra gli altri per l’ortodossia della loro fede e per l’adesione totale alla dottrina e alle indicazioni della Chiesa. La loro forma di vita aveva ottenuto l’approvazione nel 1201, da parte di papa Innocenzo III; essa autorizzava alla predicazione tutti i fratelli delle comunità, compresi dunque i laici, sia celibi viventi in comune, sia i coniugati abitanti separatamente con la propria famiglia.In poco tempo, i tre rami degli Umiliati si diffondono in tutta l’Italia settentrionale e oltre, raggiungendo il numero di circa 400 comunità. La loro storia prosegue, con alterne vicende, fino al XVI secolo quando il movimento viene definitivamente soppresso.Come si può notare da quanto sopra scritto, sono molte le somiglianze con il Terzo Ordine Francescano di cui il movimento degli Umiliati sembra possa essere considerato immediato precursore. Le Nuove forme di vita religiosa, nelle quali spesso si trovavano a vivere insieme chierici e laici, venivano guardate con sospetto e talora con disprezzo dal monachesimo tradizionale, ma erano fortemente difese dai predicatori laici e da coloro che li seguivano. Gli ordinamenti tradizionali non prevedevano infatti l’esistenza di consacrati laici che vivessero sotto una regola approvata dalla Chiesa, restando indipendenti dal monastero. Da questo derivava che i predicatori fedeli alla Chiesa, indirizzavano normalmente i discepoli in ordini esistenti o in istituti fondati da loro stessi, ma profondamente legati allo stile monastico o eremitico.
LE ERESIE
All’inizio del millennio si erano diffuse, soprattutto in Francia e in Germania, diverse comunità di fedeli che non intendevano obbedire alla Chiesa di Roma. Si trattava di comunità in cui era in atto un lento e progressivo allontanamento dalle disposizioni precise che guidavano i fedeli nel cammino ecclesiale; in queste comunità non si ammetteva il battesimo dei bambini, l’Eucarestia, il culto della croce ecc. C’erano stati pure vari tentativi di tradurre la Sacra Scrittura in lingua volgare, cosa severamente vietata dai canoni ecclesiastici. La riforma di papa Gregorio VII riporta decisamente ordine nella vita della Chiesa, impedendo pericolose deviazioni dall’ortodossia cattolica. In questo periodo ha termine anche la predicazione itinerante, spesso nelle mani di laici che non rispettavano più l’obbedienza alla gerarchia cattolica romana. Anche la vita monastica veniva più saldamente legata al monastero e la norma della stabilitas loci, veniva trasformata in voto per i benedettini, ad opera di san Bernardo di Chiaravalle.
FRANCESCO D’ASSISI
Nella complessità degli avvenimenti del nuovo millennio appena iniziato, mentre la società civile si formava faticosamente fra lotte e adattamenti alle mutate esigenze delle nuove classi sociali, la Chiesa proponeva ancora senza incertezze, la dottrina e la pratica del Vangelo. Non di rado, l’annuncio della salvezza veniva sottoposto a dure prove nel labirinto delle nuove idee, che pur partendo da presupposti giusti, erano lontane dalle basi della dottrina cristiana, fondata sulla Parola di Dio e sulla tradizione apostolica.Questo momento storico ha in sé il germoglio dei secoli futuri: Francesco lo intuisce, ma nella sua profonda umiltà e nella sua perfetta conformità a Cristo, mostra e propone semplicemente la via del Vangelo ad ogni uomo. “Voglio mandarvi tutti in Paradiso” (FF 3391 – 3398).Così nella via di perfezione cristiana, appena tracciata da esperienze e tentativi di tanti uomini e donne di buona volontà, il fratello di Assisi, accoglie intorno a sé quelli che vogliono vivere il Vangelo “sine glossa “. È inutile cercare di comprendere in modo esauriente, se il Terz’Ordine è stato fondato direttamente da Francesco. Probabilmente si è trattato di un innesto ben riuscito, sulla radice dello spirito penitenziale ed evangelico, che permeava il mondo laicale in quegli anni. Comunque è quasi certo che la prima stesura della Regola del Terzo Ordine Francescano (T.O.F.), è dello stesso anno (1221), in cui i frati ottenevano dal papa Innocenzo III, l’approvazione non bollata della loro forma di vita. (FF1) In ogni caso l’esperienza, penitenziale che caratterizza la vita di Francesco e del movimento francescano, va oltre la ricerca storica, che tende di per sé, a inquadrare fatti e persone nelle sue strutture scientifiche.In altre parole, non si potrà mai stabilire un confine netto fra
l’influsso che i movimenti penitenziali hanno avuto sulle scelte di Francesco e di conseguenza sui tre ordini francescani o viceversa, stabilire quanta ne abbia avuta sui vari movimenti penitenziali del Medioevo, la novità della forma di vita proposta dal santo di Assisi. È certo però, che il movimento francescano, nella Chiesa, è stato uno dei rami più fruttuosi, nei suoi ottocento anni di storia. Nonostante le difficoltà e le contraddizioni, il Vangelo “sine glossa “proposto da Francesco d’Assisi, è stato ed è tuttora un punto di riferimento sicuro per i cristiani innamorati di Cristo e del suo Vangelo.
LE QUATTRO REGOLE DEL TERZO ORDINE FRANCESCANO
SAN FRANCESCO E I PENITENTI
La Lettera ai fedeli (FF 178) è arrivata fino a noi in due redazioni:la sua prima stesura è sicuramente anteriore all’approvazione della regola Antiqua o Memoriale propositi (1221). Le parole del santo sono rivolte ai fedeli desiderosi di vivere il Vangelo, pur restando nel mondo. Ecco il titolo del testo: “Queste sono parole di vita e di salvezza, che se qualcuno le leggerà e le metterà in pratica, avrà vita e salvezza dal Signore”. Inoltre questo è l’inizio che indica i destinatari della lettera: “Di coloro che fanno penitenza “.La storia delle due redazioni di questa lettera è lunga e complessa; attraversa tutte le vicende dell’Ordine dei fratelli e delle sorelle della penitenza con alterne vicende. Soltanto nel XX secolo si è avuto un approfondimento degli spunti forniti dal testo delle due redazioni. Così si è dissipato ogni dubbio circa la sua autenticità, attribuendola senza incertezza a san Francesco.
Ormai non c’è dubbio: essa è indirizzata ai laici penitenti che vanno costituendo, dopo i frati e le clarisse, la terza famiglia che assumerà il nome di Terz’Ordine Francescano. Attualmente troviamo la prima redazione della Lettera ai fedeli, inserita nel prologo della Regola di Paolo VI (1978), a testimonianza della continuità della storia e del carisma dell’ordine.
I FRATELLI E LE SORELLE DELLA PENITENZA
Nel grande fermento che animava la società degli inizi del XII secolo, come si è visto, i movimenti laicali d’impronta penitenziale spesso si perdevano in contestazioni e ribellioni alla autentica dottrina cattolica. L’autorità ecclesiastica esercitava un controllo rigido, ma non sempre efficace. La fioritura dell’Ordine dei fratelli e delle sorelle della penitenza che, sulle orme del padre Francesco, percorreva la via della totale obbedienza al papa e alla Chiesa, sembrava la forma di vita più adatta a radunare le migliori energie dei laici penitenti, da affiancare validamente ai chierici nell’evangelizzazione popolare e nella difesa dagli eretici. In un’epoca di scarsa cultura e di formazione religiosa molto limitata del mondo dei laici, era forte il pericolo che i fedeli fossero travolti da qualche deviazione ereticale; ancora prima di ogni intervento pontificio, i fedeli trovavano in san Francesco e nei suoi frati, un punto di riferimento sicuro. Ciò era di grande importanza, soprattutto nelle regioni in cui era forte la presenza degli eretici. Lo attestano i biografi del santo, per esempio san Bonaventura scrive: “Moltissimi, infiammati dalla sua predicazione, si vincolavano alle nuove leggi della penitenza, secondo la forma indicata dall’uomo di Dio.” (FF1073). Le nuove norme non si distaccavano però dalle antiche prescrizioni della vita dei penitenti, ne erano piuttosto un aggiornamento e un miglioramento. Lo stesso Memoriale Propositi e le due redazioni della Lettera ai fedeli, possono essere considerate in questa luce: non tanto una rivoluzione della vita penitenziale dei secoli precedenti, ma piuttosto un perfezionamento e un approfondimento dello stile di vita, abbracciato dai discepoli di Francesco, sia laici che religiosi. Del resto il santo aveva iniziato il suo cammino evangelico con il desiderio ardente di far penitenza. Pur senza notizie precise sul suo inserimento nell’Ordo poenitentium, sappiamo che aveva indossato l’abito dei penitenti fino al momento della sua scelta definitiva di vivere il vangelo “sine glossa” (FF 354).
IL MEMORIALE PROPOSITI (FF 3364) E LA SUPRA MONTEM (FF 3365)
Si ritiene che la prima legislazione del secolo XII per i penitenti sia il Memoriale propositi, così chiamato dalle prime due parole del testo. Esso può essere considerato un aggiornamento e un miglioramento delle leggi penitenziali dei secoli precedenti.Le leggi riguardanti la vita penitenziale nel 1200, sono riunite in due testi fondamentali: il Memoriale propositi del 1221 e la regola
promulgata da Nicolò IV nel 1289 detta Supra montem dalle prime parole del testo. Gli articoli del Memoriale sono riportati quasi senza variazioni nella Supra montem, ma in una struttura più organica e adatta alle mutate condizioni dei tempi. Infatti il XIII secolo presenta continue novità e trasformazioni e non solo nei movimenti penitenziali. I due testi rappresentano l’avvio e il punto d’arrivo della evoluzione e dello sviluppo del movimento nella direzione di una sempre più decisa fisionomia francescana.
La Bolla pontificia di Niccolò IV che approvava ufficialmente la regola, conferma la pratica di vita penitenziale che aveva ormai tutti i connotati della via di Francesco. Il ritrovamento dei codici contenenti il testo del Memoriale propositi è piuttosto recente. In effetti, la maggior parte delle Fonti francescane è uscita dalla polvere e dall’oblio di antiche biblioteche solo nel XX secolo.
Il ritrovamento dei quattro codici del Memoriale si deve a un appassionato studioso del francescanesimo: Paul Sabatier, un calvinista autore fra l’altro, di una nota biografia di San Francesco; visse moltissimo in Italia, cercando documenti e testi nelle biblioteche e negli archivi conventuali. Il testo di questa preziosa “Regola antiqua “è arrivato fino a noi in ben quattro codici, il primo dei quali ritrovato dallo studioso nel 1901 a Capestrano, risale al 1228, ma non è l’originale; questo che risale al 1221 fu rinvenuto solo più tardi. Perciò il 1221 è ritenuto l’anno ufficiale di nascita del movimento penitenziale francescano, che poi prenderà il nome di Terzo Ordine Francescano, ora Ordine Francescano Secolare Ricordiamo ancora che il 1221 è l’anno di approvazione della Regola “non bollata”, cioè non registrata, concessa dal papa Innocenzo III a san Francesco e ai i suoi frati.
Anche le due redazioni della Lettera ai fedeli, possono essere considerate leggi adeguate per vivere una vita evangelicopenitenziale, ma non c’è in esse nessun riferimento giuridico; l’impostazione della lettera è totalmente spirituale. Al contrario, i testi legislativi seguenti e cioè il Memoriale propositi e la Supra montem da esso dipendente,sono testi eminentemente giuridici.Non si conoscono gli autori della stesura del 1221, sappiamo però che di solito i “propositi” dei vari gruppi di laici penitenti, venivano scritti da loro stessi e presentati poi al pontefice per l’approvazione.Chiunque sia stato l’autore materiale del Memoriale, è un dato di fatto che esso sia stato adottato, come propria regola, dai laici che avevano scelto la vita penitenziale, dopo aver conosciuto san Francesco e la sua spiritualità. Non esiste nessun documento che dimostri l’approvazione ufficiale del Memoriale da parte del papa, ma sembra sicura la collaborazione di qualche membro della curia romana, nella stesura del testo. D’altronde non era più strettamente necessaria un’approvazione, dal momento che la vita penitenziale era da tempo una realtà ufficialmente riconosciuta dalla Chiesa. La “Regula antiqua”, così veniva anche chiamato il Memoriale, ha una struttura giuridica ben definita, che mette in risalto l’impegno severo e perpetuo della scelta. Possono abbracciare questa forma di vita, soltanto quelli che sono veramente chiamati dal Signore. Tuttavia, la severità delle norme, specificate fino ai più piccoli
particolari, (assurdi per noi appartenenti a una società svuotata di tali valori), nasconde una delicatezza, una sensibilità e una attenzione ai più deboli, che si può definire senza dubbio francescana, anche se in essa non appare mai un riferimento diretto a Francesco e al suo movimento.Il Memoriale propositi è composto di 39 articoli, che danno disposizioni precise per la vita individuale e di fraternità. Si stabiliscono regole per il vestito, per il cibo e il digiuno e per i rapporti con le autorità civili. Si danno regole per la preghiera e per l’assistenza dei poveri e dei malati; si codifica il modo di fare testamento e di accompagnare i fratelli nel momento della morte.Tutto ben chiaro e definito, fino all’attenzione per eventuali dispense da concedere in casi particolari. In breve, la penitenza, la povertà e l’abbandono della vita del secolo, formano l’ossatura della Regola; tra le righe del testo si può cogliere uno spirito di umanità, di cortesia e di delicatezza che rende accettabili anche le disposizioni più dure.Anche se il Memoriale fosse nato fuori del francescanesimo, la novità francescana si intravvede con chiarezza nella fredda severità delle norme, non c’è dubbio!Tra la prima stesura del Memoriale propositi (1221) e la bolla pontificia Supra montem (1289) di Papa Nicolò IV, in cui viene concessa l’approvazione definitiva della regola che i laici francescani penitenti devono osservare, passano decenni di trasformazione e talvolta di vivaci scontri in tutte le componenti del movimento francescano. Nel primo ordine, dopo la morte di san Francesco, si delineano le spaccature che daranno origine alle successive riforme. Il secondo ordine si diffonde in Italia e in Europa, aspettando l’approvazione del “Privilegio dell’altissima povertà” E il terzo ordine? I laici che si riuniscono accanto ai conventi, non hanno ancora una fisionomia ben definita, sono spesso del tutto indipendenti dai frati
che per lunghi anni si rifiutano di occuparsene in modo specifico, pur non negando ai penitenti l’assistenza spirituale. I documenti ufficiali della Chiesa, in questo periodo, dimostrano comunque un atteggiamento favorevole al loro riguardo, soprattutto per la perfetta ortodossia e per l’obbedienza alla gerarchia ecclesiastica. L’una e l’altra costituiscono, infatti, un tratto
caratteristico dei penitenti francescani.Non si può dimenticare che continuava la lotta contro i numerosi gruppi di eretici che sopravvivevano in molte regioni d’Europa. La protezione della Chiesa era sempre più ampia per questi fedeli che si convertivano e vivevano da penitenti, rimanendo nel mondo. Non era facile scegliere un genere di vita che, di per sé, comportava una posizione ai margini della società, a causa della disobbedienza alle leggi civili. Ricordiamo che i laici penitenti non portavano
armi, non giuravano fedeltà alle autorità feudali e comunali ecc.; giustamente dunque i vescovi ne tutelavano i diritti, per quanto
possibile. Francesco, nel suo contrasto con il padre, ricorre al vescovo e ne riceve protezione e, probabilmente, un abito che dimostrava all’esterno la sua scelta di vivere come penitente sotto il manto della santa Chiesa. (FF 1419). Quando Nicolò IV, frate francescano, poco dopo la sua elezione a sommo pontefice promulga la Supra montem, pronuncia la parola definitiva del magistero sulle complicate questioni riguardanti i rapporti tra il primo Ordine e i fratelli e le sorelle della penitenza. La Bolla pontificia contiene la forma di vita dei penitenti e le nuove disposizioni si riallacciano alla Regola antiqua, riproposta quasi integralmente. In essa troviamo solo modifiche e adattamenti per ciò che riguarda le mutate condizioni della società.Nella Supra montem rimane l’antica suddivisione in articoli che,però, vengono disposti in modo più organico. Dunque, con la regola di Nicolò IV sono stabiliti in modo chiaro e definitivo i rapporti tra primo e terzo ordine. I frati diventano i garanti dell’osservanza
regolare dei penitenti; questa decisione, fino ad allora, era stata contestata da ambedue gli ordini. Ai frati spettava il dovere, obbligatorio per legge, di effettuare visite periodiche di controllo; le fraternità dovevano rispettare le disposizioni date e obbedire ai visitatori, in tutto ciò che era necessario per vivere nella retta osservanza della regola. Nei decenni che separano il Memoriale dalla Supra montem, il movimento dei penitenti francescani acquista una fisionomia ben definita, nonostante le difficoltà. L’organizzazione delle fraternità non era certo omogenea, ma la presenza dei frati contribuiva a dare loro solidità e credibilità nel nuovo contesto sociale. Fin dal sorgere dei comuni, troviamo i laici francescani impegnati nei vari settori della vita cittadina, come già avveniva da tempo, ma con una maggiore incisività e consapevolezza. Li troviamo in compiti di grande responsabilità nell’amministrazione dei comuni,nella fondazione, direzione e organizzazione degli ospedali, nella pacificazione delle città, nell’assistenza ai carcerati e nel recupero delle prostitute. Già in questo secolo emergono grandi figure di santi e sante che illuminano il cammino del nascente Terzo Ordine francescano.Ricordiamone alcuni: innanzi tutto santa Elisabetta di Ungheria, poi santa Margherita da Cortona, Pier Pettinaro da Siena, il beato Lucchese e la sua sposa, santa Rosa da Viterbo e Umiliana de’
Cerchi. Verso la metà del secolo, inoltre, nasce la santa Angela da Foligno, indubbiamente straordinaria figura di mistica francescana che ha voluto siglare il suo cammino, entrando nella fraternità dei penitenti francescani e divenendo in breve madre e maestra spirituale dei fratelli che vivevano con lei l’esperienza della nuova forma di vita penitente.
IL TERZ’ORDINE FRANCESCANO DAL XIV AL XVI SECOLO
In questo periodo, le vicende storiche del T.O.F. si svolgono parallelamente a quelle dei frati: in esse troviamo l’eco delle complesse vicissitudini del primo ordine, in un momento difficile e doloroso per la storia del francescanesimo. Sarebbe interessante approfondire l’argomento, ma non è possibile farlo in questa sede. Basti ricordare qui che il problema dell’osservanza dell’altissima povertà, prescritta dal santo fondatore nella Regola, aveva portato l’ordine non solo al conflitto fra le varie correnti: favorevoli o contrarie all’ osservanza “sine glossa”, ma anche all’aperto contrasto con il papa, soprattutto con Giovanni XXII (1316-1334). Infatti nella curia romana erano molti i sostenitori di un movimento francescano più inquadrato nelle norme di tipo conventuale, più facile da controllare e difendere dal pericolo delle eresie, decenni tristissimi per l’ordine e non solo! Anche la Chiesa e la società erano percorse da lotte e sconvolgimenti di grande importanza e di valore epocale.Si deve arrivare al XVI secolo per trovare un po’di equilibrio nella vita dei francescani del primo ordine. Ciò avviene in seguito alla definitiva separazione dei due rami principali dello stesso. Le questioni e le incomprensioni fra i conventuali e gli osservanti erano ormai tali da richiedere l’intervento autorevole della Chiesa. Il XV secolo aveva visto rafforzarsi la corrente dei frati favorevoli al ritorno alla vita delle origini; è il tempo dei grandi santi dell’Osservanza; ne facevano parte il beato Paoluccio Trinci, san Bernardino da Siena, san Giovanni da Capestrano, il beato Alberto da Sarteano e san Giacomo della Marca. Dietro il loro esempio e con la loro guida molti frati tornano alla vita povera e austera dei primi tempi; ben presto, purtroppo, la divisione degli osservanti dall’area moderata dell’ordine diviene inevitabile. Il documento ufficiale che sancisce la separazione delle due correnti risale al 1517, durante il pontificato di Leone X. Lo stesso papa approva la regola del terzo ordine regolare (TOR); si tratta di gruppi di sacerdoti che facevano vita comune, ispirandosi alla Regola di Nicolò IV (Supra montem), come i terziari laici. In questi stessi anni aveva inizio la riforma dei cappuccini, ancora un tentativo di riportare i figli di san Francesco all’osservanza delle origini. La vita dei penitenti francescani, in questi secoli, non è meno difficile di quella dei frati. Non mancano per alcune fraternità, soprattutto in Francia, le accuse di eresia e sono numerosi i fratelli condannati al rogo dall’Inquisizione.Nonostante le chiare preferenze dei terziari per la corrente dell’Osservanza che, come si è detto, non era troppo gradita alla curia romana, essi rimangono fedeli alla Chiesa cattolica: ben lontani dalle tentazioni eretiche. Il Trecento è un secolo pieno di avvenimenti drammatici: il papato in piena crisi e il conseguente scisma d’Occidente (Avignone 1309- 1378), la peste nera (1347-1351), guerre e ribellioni alle autorità costituite.. I problemi del primo Ordine, oltre a tutto il resto, provocano un netto calo di adesioni al terz’Ordine. In questi decenni, però, pur in mezzo alle enormi difficoltà, le fraternità dei penitenti francescani si vanno moltiplicando in Europa e in oriente, assistite ovunque dai frati. La vita dei terziari si inserisce senza problemi nelle comunità civili e spesso numerose opere sociali e caritative erano gestite nelle città dalle loro fraternità. Con il rinnovarsi del primo Ordine e in particolare con il rafforzamento dell’Osservanza, anche i terziari riprendono vigore. I maggiori esponenti della riforma, infatti, lo difendono e lo apprezzano, promuovendone la diffusione.San Bernardino da Siena ne era un sostenitore così convinto che non solo ne curava la diffusione, ovunque andasse a predicare, ma affermava in un suo discorso che, se fosse stato secolare, sarebbe entrato nel Terz’Ordine.Un ricordo particolare merita, tra tanti, san Giovanni da Capestrano
che, nonostante la sua vita movimentata, aveva sempre una cura speciale per i terziari. Promuoveva la diffusione di nuove e vivaci fraternità; si occupava inoltre della fondazione delle comunità di sacerdoti che volevano vivere insieme, osservando la regola dei terziari(TOR).Una importante novità, circa alla metà del Quattrocento, è costituita dalla fondazione, in Italia, di una libera federazione di terziari francescani; ciò avviene sicuramente per l’influsso dei mutamenti apportati dall’Osservanza e in particolare dall’opera di Giovanni da Capestrano. L’approvazione ufficiale del T.O.F. da parte di papa Nicolò V (1447), contribuisce senza alcun dubbio a stabilizzare ulteriormente la posizione ufficiale dei terziari francescani nella Chiesa. È noto che questo periodo storico è ricchissimo di trasformazioni e senza dubbio il più denso di avvenimenti, in ogni campo della cultura italiana e europea in genere. La predicazione dei frati dell’osservanza, in questa società in continua evoluzione, non può ignorare i temi più attuali della vita sociale e politica. La presenza dei terziari nelle città rinascimentali diviene sempre più importante: addirittura indispensabile nell’organizzazione delle opere di carità. Nonostante gli ostacoli e i contrasti con il potere civile in molti comuni, le iniziative delle fraternità del Terz’Ordine, si moltiplicano grazie alla protezione della Chiesa e del primo ordine. Si ricorre ai terziari francescani, non solo per la cura dei malati e l’assistenza dei più poveri, ma anche nella pacificazione delle fazioni, per la soluzione di liti fra famiglie nobili e nella lotta contro l’usura. A questo proposito non si può dimenticare che proprio alla fine del XV secolo, si consolida l’istituzione dei Monti di pietà, per iniziativa di san Bernardino da Feltre e la collaborazione dei terziari. Bisogna comunque tener presente che in tutto questo mutare di situazioni, il Terz’Ordine viene sempre più perdendo la sua indipendenza dai frati; ciò comporta, da una parte privilegi spirituali e temporali per i terziari perché essi vengono definitivamente inseriti nella famiglia francescana, ma d’altra parte, ciò non avviene senza portare alterazioni e limitazioni alla originaria fisionomia dei penitenti. Durante il papato di Sisto IV, i terziari vengono affidati, con uguali diritti e doveri, alla giurisdizione dei frati osservanti e a quella dei conventuali; più tardi saranno affidati, allo stesso modo, ai terziari regolari e ai cappuccini, così si avrà la suddivisione del T.O.F. in quattro famiglie di terziari, del tutto separate tra loro. La dipendenza del Terzo Ordine dai frati rimarrà stabile nei secoli seguenti, fino alla regola di paolo VI del 1978. Non è stata una convivenza facile! Indubbiamente ha portato grandi problemi e un indebolimento dell’originalità dei secolari francescani. Nonostante tutto, pure in mezzo a varie discussioni tra i frati nella guida dei terziari, continuava a fiorire ovunque la santità di tutta la famiglia francescana: anche nelle prove essa è rimasta obbediente alla Chiesa e alla povertà, secondo lo spirito e gli insegnamenti del padre san Francesco. La storia dell’umanità proseguiva: scienza, arte, cultura, politica, tecnica e filosofia, procedono verso orizzonti sempre più vasti. La Chiesa combatte con i nemici interni ed esterni che minacciano l’autenticità dell’annuncio evangelico. Come sempre da duemila anni, la vittoria è fondata sulla croce e dietro ad essa anche i fratelli della penitenza camminano e operano nella società per testimoniare il vangelo e il messaggio proprio della spiritualità francescana.
DAL CONCILIO DI TRENTO ALLA RIVOLUZIONE FRANCESE
Il Terzo Ordine continua il suo cammino in una società sempre più complessa, ormai lontana dalla semplicità dei primi tempi del francescanesimo. Le scoperte geografiche, il progresso scientifico, le tensioni politiche e gli attacchi alla dottrina della Chiesa, chiedono al T.O.F.di aprirsi alle esigenze nuove di una umanità che va frantumandosi e perdendo l’unità nella sequela di Cristo. Esso deve confrontarsi con le molteplici innovazioni del mondo contemporaneo; non c’è più chiarezza di comportamento neppure nella Chiesa. Ad uno sguardo attento, il XVI secolo si presenta come un contrasto di luci splendide, con l’Umanesimo, e di tenebre fitte, con le eresie, gli abusi e la corruzione del potere civile e religioso. I terziari francescani sono sempre presenti in vari ambienti sociali e nelle strutture locali, ma la loro autorità nel contesto urbano è limitata e certamente non è più quella dei secoli passati; la dipendenza assoluta dal primo ordine ne condiziona molto l’attività. Del resto questa era la volontà della Chiesa, che dal Concilio di Trento in poi, non favorisce la creatività e le innovazioni laicali. Sembra quasi che il programma di santità secolare, indicato dalla regola di Nicolò IV, debba essere sostituito da un cammino di devozioni, di pratiche di pietà, di privilegi spirituali e di innumerevoli indulgenze. Nel Cinquecento e nel Seicento si moltiplicano le congregazioni e gli Istituti religiosi che, seguendo l’esempio del Terzo Ordine Regolare, prendono come fondamento della propria istituzione, la regola dei fratelli penitenti. Un vasto campo d’azione che si apre ai laici francescani che vivono e operano nel mondo, sono le missioni nelle Americhe. Fin dai viaggi di Cristoforo Colombo, la presenza di frati e di terziari sulle navi in partenza, è registrata in diversi documenti. L’atteggiamento della gerarchia ecclesiastica nei confronti del T.O.F. cambia: i penitenti francescani dal 1516 sono considerati alla stregua dei membri di tutte le altre confraternite laiche dell’epoca, senza particolari privilegi. Passano alla giurisdizione del vescovo, pur restando sotto la tutela del primo Ordine. È un esempio del cammino arduo delle fraternità che dovevano conservare il loro carisma, in mezzo agli intrecci burocratici e alle incertezze delle stesse autorità religiose. Sarà così molto a lungo, in una alternanza di situazioni che non potrà essere senza conseguenze per lo sviluppo del Terzo Ordine Francescano. In tutta questa confusione legislativa e giuridica, i terziari riescono a mantenere il denominativo di Ordine, nonostante la soppressione di tutti i privilegi temporali e civili del passato. Ormai, chi sente nel cuore la chiamata a vivere la vita penitente dei terziari, non cerca altro che benefici spirituali. Il T.O.F. si purifica e mostra più chiaramente che il suo fine è una
vita di intenso impegno spirituale, nella preghiera, nella penitenza e nelle opere buone a vantaggio dei fratelli bisognosi. Nessuno si aspetta più privilegi materiali come nei tempi antichi, quando l’appartenenza all’ordine dava diritto all’esenzione dalle tasse, dal servizio militare e civile ecc…. La regola non cambia: è ancora quella di Nicolò IV del 1289 e ciò facilita la conservazione di una identità che rischiava di essere travolta dagli avvenimenti.
I SECOLI XVII e XVIII
La diffusione del Terzo Ordine, nel diciassettesimo secolo, è notevole in tutta l’Europa, soprattutto in Spagna e nei paesi sotto la
sua influenza politica. In questi territori le adesioni aumentano e si moltiplicano le fraternità; le cronache parlano spesso, forse con un po’ di esagerazione, di migliaia di terziari e di un numero enorme di ammissioni. Anche nei paesi del nuovo mondo aumenta il numero delle fraternità del T.O.F., sempre sotto la guida dei frati, giunti missionari dall’Europa. Neppure il protestantesimo riesce a frenare lo sviluppo del Terz’Ordine: nell’Inghilterra anglicana, le fraternità sopravvivono nel segreto, così pure nella Germania di Lutero. Secondo la tradizione, anche Tommaso Moro era terziario francescano, primo santo laico del tempo moderno, martirizzato per ordine di EnricoVIII, di cui era stato gran cancelliere del regno.In Francia la presenza del T.O.F. riesce a contenere i forti contrasti e le aspre guerre di religione tra cattolici e gruppi protestanti. Però proprio qui avvenivano fatti assurdi, inaccettabili per noi! Numerosi nobili, appartenenti a famiglie illustri, chiedevano di entrare nel Terzo Ordine Francescano, con la protezione di eminenti cardinali; in queste fraternità “riservate “, non erano ammessi i poveri se non
in forma privata. Il motivo? Non si voleva che la cassa comune si trovasse nella necessità di dover provvedere a questi fratelli “scomodi “. Sembra impossibile, ma ci sono documenti che confermano la veridicità di questi fatti. La moda del Terz’Ordine fra i nobili, porta inesorabilmente a rinunciare allo stile austero della regola, per adattarla alle esigenze dei nuovi arrivati. I cambiamenti cominciano dall’abbigliamento: non più l’abito modesto e incolore che rendeva visibile all’esterno l’impegno interiore. L’antico modo di vestire non era più accettabile, né per le classi elevate, né per gli artigiani che spesso lo ritenevano poco adatto ai nuovi impegni di lavoro. Già da tempo erano state concesse varie dispense per l’abito, finché lo si sostituisce all’inizio del Seicento con lo scapolare e il cingolo che potevano essere nascosti sotto i vestiti normali. Le dimensioni di ambedue si riducono progressivamente fino ad essere formati da due piccoli quadrati di stoffa e da un cordoncino quasi mai indossato: pressappoco la forma e le dimensioni del cingolo e dello scapolare sono rimaste le stesse fino ai nostri giorni. Il Seicento è il secolo dei re e dei principi terziari, dei cardinali e vescovi che chiedono l’ammissione alle fraternità, ma è scarso il
numero dei santi terziari canonizzati ufficialmente dalla Chiesa. Bisogna riconoscere, però, che l’appartenenza al T.O.F. ha avuto, senza alcun dubbio, una chiara influenza nelle scelte dei grandi santi e iniziatori degli Istituti di vita consacrata dell’epoca. Basta ricordare, per esempio, s. Ignazio di Loyola, s. Filippo Neri, s. Camillo De Lellis, santa Giovanna Francesca de Chantal, s. Francesco di Sales. Gli avvenimenti storici si susseguono velocemente nella società civile e religiosa di questo secolo, con alterne vicende di nascita e di decadenza; anche la storia del francescanesimo, e di conseguenza dei terziari, viene coinvolta nei mutamenti civili e politici fino al momento cruciale della laicizzazione della società. Razionalismo e Illuminismo sono all’orizzonte di un mondo sempre più lontano dai valori cristiani, che avevano guidato lo sviluppo della civiltà europea fino ad allora. L’affermazione dei principi razionalistici aveva, come conseguenza, la penetrazione delle idee illuministe anche nell’ambiente religioso, creando una spaccatura tra il mondo della ragione e quello della fede. Una divisione che diviene sempre più pericolosa, fino al rifiuto di ogni valore cristiano, da parte della nuova realtà culturale e politica. Il tentativo di costruire una società fondata esclusivamente sulle ideologie laiche, inizia con la rivoluzione francese e non è ancora concluso. Dalla metà del XVIII secolo la lotta non è più cessata: dalla Rivoluzione francese (1789) a quella russa (1917), dalla rivoluzione industriale a quella tecnologica, dalle logge massoniche ai movimenti risorgimentali, guidati molto spesso da quelle, fino al “Sessantotto” e oltre. Eppure, nonostante tutti i tentativi del mondo moderno, nessuna filosofia e nessuna ideologia o azione politica è riuscita a cancellare i valori cristiani, che rimangono sempre il fondamento di ogni legge o ideale umano, sia pure laico o del tutto ateo. Dal proclama rivoluzionario dei giacobini alla contestazione sessantottina, si grida e si scrive: libertà, fraternità, uguaglianza, diritto alla vita, alla giustizia, al lavoro ecc. I risultati del rifiuto di Dio sono oggi più che mai, davanti ai nostri occhi. Inutilmente la cultura, l’economia e la scienza cercano di trovare una via che, svincolata dalla Legge di Dio, risolva i problemi dell’uomo. La Chiesa non si arrende e continua a diffondere ovunque il messaggio di salvezza, tra persecuzioni e defezioni. Sappiamo che il XX secolo ha avuto più martiri dei tempi dell’impero romano e senza dubbio, il sangue dei martiri è ancora oggi seme di vita! Anche la fine del potere temporale, che in un primo momento costituisce un grosso problema e un trauma per il mondo cristiano, per l’Italia in particolare, si è rivelata una benedizione che ha liberato la Chiesa dagli intrighi delle questioni politiche. Nelle mutate condizioni storiche, il compito dei laici cattolici acquistava progressivamente una grande importanza in quanto, vivendo nella nuova realtà sociale, essi avevano il grave compito di testimoniare il Vangelo con la loro vita. Sicuramente non è semplice mantenere l’equilibrio: essere nel mondo, ma non del mondo, richiede impegno e consapevolezza della propria fede e vocazione. I terziari, in questo tempo di divisioni e di lotte tra il potere politico e quello religioso, si trovano in prima linea nel sostenere la Chiesa e il papa. Le loro vicende si intrecciano con quelle dell’intera famiglia francescana. Dalla fine del Settecento alla fine dell’Ottocento si alternano le persecuzioni e le soppressioni per il Terzo Ordine Francescano, come per tutti gli istituti e gli ordini religiosi cattolici. Le nuove leggi prevedono l’incameramento dei beni della Chiesa e la soppressione di tutte le comunità religiose; l’imposizione lascia i terziari senza l’appoggio e la guida dei frati, costretti anch’essi a disperdersi e a nascondersi. Tuttavia, in molte città le fraternità dei terziari ancora una volta continuano in segreto la loro attività, trasmettendo ai giovani il prezioso seme del carisma dei fratelli e sorelle della penitenza.
LA RISCOPERTA DEL FRANCESCANESIMO NEL XIX SECOLO
L’inizio del diciannovesimo secolo rappresenta un momento fondamentale per il rifiorire dell’interesse per san Francesco e la spiritualità francescana. Malgrado le difficoltà create dal nuovo clima politico, già da qualche tempo erano ripresi gli studi per
trovare notizie storicamente certe sulle origini del francescanesimo.La scoperta della tomba di Francesco, avvenuta ad Assisi, il
12.11.1818, accresce l’entusiasmo e favorisce il moltiplicarsi delle ricerche; molti documenti delle origini del movimento francescano riaffiorano dagli antichi archivi dei tre rami principali del primo ordine: minori, conventuali e cappuccini. Alla fine del secolo inoltre, Paul Sabatier (1858-1928), di cui si è già parlato a proposito dei codici della Regula antiqua, scrive un’esauriente biografia del Santo che favorisce la conoscenza e la diffusione delle ricerche, anche al di fuori dell’ambiente cattolico. Per questo e per tutti i suoi studi sulla storia del francescanesimo, il Sabatier è considerato l’iniziatore della storiografia francescana moderna. Lo spirito di Francesco d’Assisi sembrava, allora, il mezzo più efficace per tornare a una vera vita evangelica, scrollandosi di dosso gli errori del recente passato. Il terz’ordine, nell’entusiasmo della ripresa, si riorganizza nelle città e nei paesi a fianco dei frati o dei parroci che guardano, quasi sempre con particolare interesse, le nuove forze laiche. Il rinnovamento è vasto e si diffonde rapidamente in Italia e fuori; a questo proposito non si può dimenticare, in Francia, l’iniziativa del santo curato d’Ars che fonda e guida personalmente una fraternità Di terziari nella sua parrocchia. La riorganizzazione della vita del Terz’Ordine segue, con alterne vicende, le sorti dell’intera famiglia francescana e i mutamenti politici dei vari stati, ormai sempre più lontani dall’indirizzo cristiano dei secoli passati. In Italia, i problemi non erano finiti con la rivoluzione francese: i moti risorgimentali portano con sé un sempre più acceso anticlericalismo; sembra scomparire la presa di coscienza dell’importante compito che aveva, in quel momento, il laicato cattolico e quello francescano in particolare. Le fraternità si vanno spopolando sempre più: alla metà del secolo, in Umbria e non solo, il Terz’Ordine era quasi dimenticato. La fine dello stato pontificio e del potere temporale dei papi (1870), prolunga l’atmosfera di persecuzione ancora per alcuni anni; le
istituzioni religiose vengono di nuovo soppresse dalle leggi civili, ma non si ferma l’opera della Chiesa per sostenere e rilanciare il messaggio evangelico. In questo progetto, come si sta evidenziando, la famiglia francescana e T.O.F. in particolare avranno una funzione di primaria importanza.
SETTE PONTEFICI TERZIARI
Nel 1846 viene eletto papa il cardinale Giovanni Maria Mastai Ferretti, terziario francescano che assume il nome di Pio IX. Il suo pontificato durerà ben 32 anni ed è il più lungo, fin ad oggi, della storia della Chiesa. Pio IX è il primo di sette papi terziari; si tratta di una lunga lista di pontefici, veramente determinanti per le vicende del mondo, della Chiesa e del T.O.F., che termina con Giovanni XXIII e l’apertura del Concilio Vaticano II. Pio IX fa la sua professione nel1829, presso il convento dei frati minori di Monteluco di Spoleto, come risulta dai registri conservati nell’archivio dello stesso convento; in quel periodo egli era già arcivescovo di quella diocesi. Il rilancio del Terzo Ordine Francescano durante il suo pontificato è notevole, quasi una preparazione alla piena fioritura che lo stesso avrà alla fine del secolo, sotto la guida di papa Leone XIII. Nei documenti rivolti al T.O.F. Pio IX insiste soprattutto sulla necessità, per i terziari, di vivere più profondamente la fede e di darne testimonianza concreta nella società. In questa semplice sintesi storica, non è possibile prendere in esame tutti gli avvenimenti di un secolo denso di trasformazioni.La rivoluzione francese era stata soltanto l’inizio di un vero e proprio terremoto nelle fondamenta della civiltà europea che per oltre un millennio, si era sviluppata su quelle radici cristiane che ora venivano progressivamente rigettate.
La pubblicazione del Manifesto di Marx (1848), la fondazione del partito comunista, i moti risorgimentali e la conseguente fine del potere assoluto delle monarchie, la rivoluzione industriale nella seconda metà dell’Ottocento e la questione operaia ad essa legata, sono soltanto i principali motivi delle scosse irreversibili che portano alla fine di un’era. La Chiesa, in tutto ciò, si mostra inizialmente prudente: i problemi sono enormi e, pur avendo una matrice comune, sono diversi da una regione all’altra. In Italia, dove si sta formando uno stato unitario nell’orgoglio di una ritrovata identità nazionale, c’è una questione ardua da risolvere: lo stato pontificio e il potere temporale dei papi. Le origini del patrimonio della Chiesa e del territorio gestito anche civilmente dal papato, risalgono all’impero romano; nonostante le difficoltà, il potere temporale aveva attraversato secoli di storia giungendo all’età moderna, carico di luci e ombre nel suo aspetto umano, senza macchia però sul piano dottrinale. Il neonato stato italiano, decisamente laico e più o meno apertamente anticlericale e massonico, non può accettare la presenza dello stato pontificio nei suoi confini, anche se ormai il territorio soggetto all’amministrazione papale è ridotto a poca cosa. Pio IX si trova a guidare una situazione in cui la sua volontà di mediare risulta del tutto vana. Lo stato pontificio scompare, il papa è praticamente prigioniero in Vaticano, dove sperimenta anche nella sua persona, la validità della vocazione francescana e il senso
della perfetta letizia e della povertà. Chiuso ormai in un atteggiamento di totale condanna di ciò che sta accadendo, fa molto affidamento sul laicato francescano, ma la situazione politica e le nuove soppressioni delle istituzioni religiose (1865 – 1870) permettono ben poco alle fraternità in campo sociale e, in ogni caso, esclusivamente come impegno personale È chiaro che pure il primo ordine attraversa momenti difficilissimi. Inoltre, la sua suddivisione in molteplici rami, diminuisce l’efficacia dei suoi interventi sul Terzo Ordine, legato come sappiamo da molti secoli, alle diverse suddivisioni della famiglia dei frati. Concludendo, si può dire che questi decenni oscuri del cattolicesimo sono stati molto difficili, ma sicuramente hanno rappresentato una importante scuola nel cammino di avvicinamento del cristianesimo alle realtà sociali che si imponevano con forza. La Chiesa cattolica è coinvolta, quasi senza rendersene conto, nell’uragano rivoluzionario: basti pensare che lo stato nazionale italiano si forma senza il papa e addirittura contro la sua volontà. Senza dubbio però, si può affermare che, pur nella sua scarsa preparazione e nella sua debolezza iniziale, la Chiesa trova rapidamente la via giusta per permeare ancora una volta la società umana dei valori intramontabili del vangelo. In tutto ciò, come si è visto, ha avuto grande importanza la presenza del laicato e in particolare dei laici francescani. Alla fine del tempo delle soppressioni, il primo ordine inizia una vera e propria restaurazione che implica, per esso, un preciso impegno sociale; in ciò è logicamente presente anche il T.O.F. Un altro fatto importante di quegli anni è l’uso della stampa nell’ambiente francescano: nascono riviste e giornali che si rivelano utilissimi alla diffusione e alla conoscenza dello spirito di san Francesco di Assisi e dei suoi ideali.
IL PONTIFICATO DI LEONE XIII
Nel 1878, alla morte di Pio IX, veniva eletto papa Vincenzo Gioacchino dei conti Pecci. Fin dall’inizio della sua carriera ecclesiastica, aveva dimostrato grandi qualità organizzative e amministrative, ottime doti nelle relazioni e nei rapporti umani. Viene inviato prima come delegato pontificio a Benevento, a Perugia e a Spoleto poi, dopo una breve parentesi vissuta in Belgio in qualità di nunzio apostolico, è nominato vescovo di Perugia nel 1846. Per le sue grandi capacità pastorali, unite a una vasta preparazione culturale, viene accolto da tutti con entusiasmo. Rimarrà in questa diocesi per trentun anni, praticamente quasi fino alla sua elezione a pontefice. In questi decenni la sua attività per il miglioramento del clero è molto intensa: si prende anche cura, con il massimo impegno, di tutti i settori della pastorale e delle opere di carità. Inoltre, non fa mancare mai la sua guida e il suo appoggio alle fraternità di terziari che si stavano riorganizzando. La spiritualità francescana era ben nota a monsignor Pecci anche perché i suoi genitori erano terziari francescani. Negli anni della sua permanenza a Perugia, quando era già cardinale, entra a far parte del T.O.F. e pronuncia la sua professione nel 1872, probabilmente alla Verna. Dopo la sua elezione alla cattedra di Pietro, il nuovo papa che aveva preso il nome di Leone XIII, pone al centro del suo magistero il reinserimento della Chiesa nel nuovo contesto sociale, che si era creato in seguito agli sconvolgimenti dell’ultimo secolo. La posizione di rifiuto e di completa chiusura ai mutamenti politici, voluta dalla Chiesa di Pio IX, non era più sostenibile. La dottrina doveva rimanere immutata e i suoi valori dovevano restare inalterati, ma era indispensabile che la sua azione nel mondo moderno tornasse ad essere più incisiva: libera e adattabile, per quanto possibile, alle situazioni che la nuova società proponeva. Il pontificato di Leone XIII si presenta pieno di iniziative: si promuove la ripresa degli studi biblici e teologici che interessavano non solo il clero, ma anche molti laici. Grande slancio alla ripresa dell’impegno sociale era costituito dal ritorno dei cattolici alla vita politica, proibita ad essi dalle precedenti leggi ecclesiastiche. Non mancavano scontri con il potere civile, sia in Italia che nel resto d’Europa, ma il cammino della Chiesa era tracciato e l’enciclica Rerum novarum (15 maggio 1891), segna il punto di partenza per un nuovo modo di vivere il cristianesimo nella società, da parte dei cattolici. Leone XIII era un entusiasta della spiritualità francescana e in
particolare del Terzo Ordine che promuoveva e guidava con il suo magistero, volendo farne un punto di riferimento per tutto il laicato cattolico. Nel suo progetto di rilancio dell’azione dei laici nella società, diceva che “I cattolici devono mirare all’avvenire, prepararne uno migliore e riformare sé stessi”. Pensava ad una associazione aperta a tutti, senza barriere sociali o d’età, organizzata su base locale, provinciale, nazionale e internazionale. Appare chiaro che tale associazione doveva essere il Terz’Ordine Francescano e per questo decide che era tempo di riformarne la regola e, fin dal suo ingresso nel TOF, prepara quella che proporrà da pontefice alla famiglia francescana. Nei decenni della sua permanenza a Perugia, mons. Pecci va precisando con chiarezza la sua posizione su ciò che riguarda i rapporti della Chiesa con le nuove realtà politico-sociali. Come si è detto, un appoggio determinante gli era dato dalla spiritualità francescana che gli sembrava rispondere in modo speciale alle esigenze del XIX secolo, anche per le affinità storiche con l’età di Francesco d’Assisi. Infatti nel confronto fra il Duecento e l’Ottocento, gli apparivano evidenti le numerose somiglianze tra i due momenti storici. Egli guardava con particolare attenzione il Terzo Ordine perché, giustamente, nell’impegno dei laici vedeva la via dell’incontro tra Chiesa e società civile. Nei documenti pubblicati nel periodo immediatamente precedente l’elezione a pontefice, il cardinal Pecci scriveva: ”San Francesco aveva fondato un nuovo istituto aperto a tutti, senza distinzione di grado e di sesso, dove grazie alla fede e all’osservazione della legge
evangelica ed una abnegazione spontanea di sé medesimi, grazie all’esercizio della virtù e dello spirito di orazione e di penitenza,
mirava a formare di tutti i cristiani, una sola religiosa famiglia vivente nel mondo e fra gli affari del mondo, ma lontana dallo spirito di esso “. Confrontando i mali del tempo di Francesco con le condizioni spirituali del mondo moderno, monsignor Pecci esortava, già come vescovo di Perugia, a vivere in autenticità i doveri che la professione nel Terzo Ordine Francescano comporta. Egli si fa promotore della diffusione e dell’organizzazione delle fraternità nella sua diocesi, seguendo anche la rinascita del T.O.F. in quella di Assisi e invita i parroci ad accogliere i terziari come “germogli “del rinnovamento cristiano. Poche settimane prima del conclave, in una lettera pastorale diretta ai terziari (20 dicembre 1877), scriveva ancora: “Non è da dubitarsi che Iddio, siccome volle che quest’ordine fosse istituito da Francesco a correzione dei costumi, a tutela della fede, alla
concordia degli animi nella mutua carità, così adesso si voglia pure servire dello stesso, a rinnovellamento della fede cristiana in mezzo ai fedeli”. In questi suoi pensieri si trovano i motivi della particolare stima e della fiducia da lui accordata al T.O.F.; in questo e in altri numerosi documenti, traspare la sua volontà precisa di iniziare la riforma della Regola di Nicolò IV: il Terzo Ordine Francescano deve diventare l’anima del rinnovamento della vita cristiana nel mondo laicizzato del suo tempo.
LA NUOVA REGOLA (FF 3401 3410)
Dopo la sua elezione, Leone XIII inizia a realizzare il suo progetto: la Regola viene ripresa e rinnovata, ma resta intatta nei principi che ne costituiscono il fondamento incrollabile e sempre attuale, pur nelle mutate condizioni della civiltà umana. Nel pensiero del papa, il T.O.F. sarà aperto a tutti i fedeli e dovrà essere uno strumento efficace per il rinnovamento sociale. A questo scopo, ritiene necessario che sia incrementato il numero delle fraternità e degli iscritti, così che possano avere influenza ovunque. Una novità di rilievo in questo adattamento della regola, sta nella fondazione di fraternità sacerdotali; pur essendo l’Ordine rivolto in modo particolare ai laici, l’iniziativa ottiene grande successo e adesioni sempre più frequenti tra i sacerdoti e i prelati. Caratteristica delle fraternità sacerdotali è la visione comunitaria della vocazione al sacerdozio. A Roma, a Milano e in altre città, queste fraternità accolgono anche vescovi e cardinali: ciò promuove la diffusione della spiritualità francescana nella gerarchia ecclesiastica. La nuova regola è rimasta in vigore fino all’attuale; il suo cammino non è stato senza resistenze da parte dei frati e degli stessi terziari. Il papa affermava con forza che il valore dell’istituto non sarebbe mai cambiato; restava immutata la sua natura e il suo nome: ”sarà sempre un vero ordine, non una semplice congregazione…”. Così si esprimeva Leone XIII in un’udienza concessa ai ministri generali delle famiglie francescane, poco dopo la promulgazione della nuova regola che era stata inserita nella Costituzione Apostolica “Misericors Dei Filius” (30.05.1883 FF 3392- 3410). Una delle difficoltà più gravi nel cammino dei terziari francescani era senz’altro la mancanza di una direzione unitaria da parte degli assistenti, che appartenevano sempre a una delle suddivisioni che nel tempo avevano tolto al primo ordine l’originaria unità. Ormai da secoli, ogni ramo del primo ordine aveva costituito un proprio terz’ordine. Leone XIII interviene per sanare, almeno in parte, l’eccessivo frazionamento del primo ordine. Con la Bolla “Felicitate quadam”, del 4 ottobre 1897, sancisce la riunificazione di tutte le famiglie dell’Osservanza; già la richiesta era stata presentata al papa, dal Capitolo generale dei frati, celebrato alla Porziuncola nel 1895.
Quindi, tutte le denominazioni dell’Osservanza vengono riunite in un’unica famiglia che prende il nome definitivo di Ordine dei frati minori (OFM). Ciò sarebbe stato un vantaggio anche per le fraternità del T.O.F. La parte laica dei tre ordini era nata come espressione unica della vocazione francescana secolare: stesso carisma, stessa regola, stesse finalità. Le caratteristiche particolari, sviluppatesi nelle suddivisioni del primo ordine nel corso dei secoli, avevano allontanato inevitabilmente i fratelli della penitenza dalla unità originaria. Il problema maggiore, però, era costituito dalla mentalità ormai cristallizzata per cui si vedeva nel Terzo Ordine una vocazione religiosa, vissuta nel mondo; quasi una vita paramonastica che rendeva difficile una concreta partecipazione alle attività politicosociali rimanendo, nello stesso tempo, fedeli a un’autentica vita consacrata. La regola di Leone XIII era inoltre criticata per la sua brevità e per il linguaggio scarno che in fondo non toccava i punti essenziali della tanto desiderata riforma. Fino alla fine del suo pontificato, Leone XIII lavorerà senza stancarsi per dare al T.O.F. le giuste motivazioni e un indirizzo preciso per confermarlo nel compito che gli aveva affidato. Grande appoggio al papa e al progetto leonino viene assicurato dall’adesione al Terz’Ordine Francescano, da parte di protagonisti illustri del laicato cattolico e della gerarchia ecclesiastica del tempo. Lentamente, attraverso mille difficoltà, il T.O.F. sembra riacquistare una forza e una consapevolezza che lo riavvicinano al alle finalità dei suoi inizi. Non si può dimenticare che, in questa fine di secolo, si afferma la convocazione periodica dei Congressi. Si tratta di assemblee regionali, nazionali e internazionali, in cui i rappresentanti delegati delle fraternità affrontano problemi, studiano, propongono e diffondono idee e progetti comuni per tutto l’Ordine. Per finire, è necessario ricordare ancora una volta, la crescente diffusione di riviste e pubblicazioni d’ispirazione francescana che favoriscono fra i terziari, l’approfondimento della loro nuova formazione.
L’O.F.S. NEL XX SECOLO
Trasformare il Terz’Ordine in una forma di vita, radicata saldamente nel Vangelo e nello stesso tempo operativa in modo determinante tra le problematiche del mondo moderno: questa era la proposta di Leone XIII. Il progetto del papa non trovava, però, una risposta adeguata. Ci si sarebbe aspettata ben altra adesione, considerando la validità delle indicazioni papali e l’entusiasmo che sembrava aver suscitato, al principio, tra i terziari. In realtà, nonostante le varie iniziative tra cui i Congressi che, come si è detto, andavano assumendo un’importanza rilevante a livello internazionale, rimaneva in modo più o meno evidente, la spaccatura tra la corrente sociale e quella spirituale del T.O.F. La prima insisteva sulla necessità di riaffermare i valori cristiani, sempre più emarginati nelle nuove realtà sociopolitiche e ciò sarebbe stato possibile soltanto per mezzo di una partecipazione costruttiva alle varie strutture civili. La seconda rivolgeva l’attenzione all’urgenza della rinascita di una più intensa vita morale e spirituale, senza la quale non ci poteva essere vittoria nella lotta contro i mali che mettevano a rischio la stessa esistenza dello stato. Indubbiamente la regola antica dei penitenti era stata concepita per laici impegnati nel mondo; le prescrizioni ascetiche e devozionali avevano il compito di rafforzare il cammino spirituale dei cristiani chiamati a vivere in questa forma di vita. Era necessario, perciò, mettere fine alle divisioni interne, dovute in parte alla diversa impostazione data alle fraternità dai frati assistenti; questi, come si è detto, provenivano dalle varie riforme del primo Ordine e portavano con sé esperienze differenti nell’ambito della stessa vocazione. Sarebbe stato sufficiente trovare l’equilibrio tra i due volti del carisma francescano secolare, ma non era facile! Molte personalità del laicato nel primo trentennio del nuovo secolo appartenevano al Terz’Ordine Francescano: nei registri delle fraternità dell’epoca sono registrati nomi famosi dell’ambiente politico, industriale e culturale. Resta però un dato di fatto che la generosità della risposta alle sollecitazioni di Leone XIII non era sufficiente sia per le molte resistenze, più o meno giustificate nei confronti della nuova regola, sia perché la stessa avrebbe avuto bisogno di tempi molto lunghi per penetrare e trasformare, in modo decisivo, la fisionomia del Terzo Ordine francescano; ma tutto ciò si è compreso solo alla luce degli avvenimenti successivi. Pur in mezzo agli ostacoli, la presenza dei terziari nella società aveva ripreso slancio, soprattutto nelle nuove attività, a cominciare dall’uso della stampa per l’evangelizzazione. Sono numerosi i libri
e i periodici di spiritualità e di informazione su temi della vita e dell’attività dei francescani, pubblicati in Italia e in ogni parte del mondo. Basta pensare che quasi ogni provincia del primo Ordine aveva, come pubblicazione fissa, un notiziario per i terziari che, però, ne erano solo lettori e non diretti collaboratori nella redazione. Un’altra innovazione importante è il perfezionamento dei Congressi: si tratta di un’iniziativa nata da qualche tempo in Francia che, molto rapidamente, aveva trovato accoglienza in Italia e in molte nazioni europee. Dai Congressi si sviluppa una organizzazione più mirata dell’Ordine. Per mezzo dei convegni regionali e nazionali, si comincia a stabilire un contatto fra le fraternità e si mette in comune un patrimonio di documenti, costituito dagli atti e dalle cronache che hanno tramandato fino a noi preziose notizie sulla vita del Terz’Ordine. Gli argomenti dei congressi, così come riportati dalla documentazione, sono tra i più urgenti nella società civile dell’epoca: dall’usura alla questione sociale, dall’economia alla lotta di classe e molto altro ancora; tutti temi che denotano la ripresa dell’interesse per i problemi sociali. Dai congressi emerge un’immagine viva e impegnata dell’Ordine: si sottolineano ancora gli aspetti fondamentali della vita spirituale e apostolica dei terziari, senza ignorare le difficoltà e le contraddizioni nel realizzare un progetto di azione sociale, forse troppo in anticipo sui tempi. Nei Congressi di quegli anni (1900-1930), la questione più grave
era proprio la contrapposizione tra la corrente della tradizione e quella della innovazione. Ciò metteva in evidenza i problemi oggettivi che per molto tempo, avrebbero ostacolato il riconoscimento del ruolo dei laici nella Chiesa. Appare evidente che il terzo Ordine ha avuto, fin dal principio, una sua sostanziale unità di carisma; le differenziazioni, in fondo, avevano sempre avuto origine dalle suddivisioni del primo Ordine. Pur professando la stessa regola, mantenendo le stesse tradizioni e venerando gli stessi santi, le fraternità non avevano contatti ed erano del tutto indipendenti tra loro. Si parlava qualche volta della necessità di unire il T.O.F. almeno a livello legislativo e organizzativo, ma con scarsi risultati. Nell’entusiasmo della riforma leonina, comincia a farsi sentire l’urgenza di riorganizzare il Terzo Ordine secondo criteri unitari. Sono i primi sintomi di una rinnovata consapevolezza dell’antico carisma, che sembrava risvegliarsi nei terziari; un cammino lungo e faticoso, in cui i Congressi riescono a portare avanti il progetto di trasformare l’Ordine in una federazione, che abbia alla base le fraternità riunite a livello regionale o diocesano. Il primo Congresso internazionale getta le fondamenta del programma federativo: si svolge a Paray le Monial (1908). In Francia e in alcune regioni del nord Italia il progetto è avviato, ma con grosse difficoltà tra le stesse fraternità e con le tre famiglie del primo Ordine: i tempi non erano ancora maturi. Bisognerà attendere la Regola di Paolo VI e il Concilio Vaticano II, per vedere l’inizio del cammino che realizzerà il sogno unitario di Leone XIII. Il ventesimo secolo è senz’altro il più difficile e doloroso dell’era moderna: l’umanità è sempre più immersa nella ricerca di un benessere e di una felicità puramente materiali, i valori spirituali sono dimenticati, se non addirittura disprezzati. La Chiesa in Italia, dopo i sovvertimenti ottocenteschi, perde l’autorità del passato e torna a rinchiudersi, dopo aver tentato inutilmente di trovare una via comune con la cultura laica, ormai dominante in ogni ambiente sociale e politico. Il successore di Leone XIII, san Pio X, arriva a pronunciare una condanna severa e senza compromessi nei riguardi del modernismo e di tutte le ideologie che stavano trascinando l’Italia e l’Europa verso i regimi totalitari e la catastrofe di due guerre mondiali in soli trent’anni. Non è questo il luogo adatto per approfondire il discorso: sarebbe auspicabile però uno studio attento degli avvenimenti sociali, politici e culturali, tra i quali si è svolta la vita della Chiesa e quindi della famiglia francescana.Nei primi decenni del secolo cominciano a svilupparsi, accanto
all’Azione cattolica e ai terzi ordini, vari movimenti ecclesiali e prendono forma gli Istituti secolari che avranno grande importanza nella Chiesa dei decenni successivi. La fondazione dell’Università cattolica del Sacro Cuore (Milano, 1921) è fortemente voluta da p. Agostino Gemelli ofm e dai suoi collaboratori, come baluardo contro l’incalzare della cultura laicomassonica. Il terzo Ordine è presente in questa come in altre iniziative, sia pure a livello locale o personale, ma non ha certo né forza, né preparazione per influire in modo determinante nelle vicende assai complesse di quegli anni difficili. L’aspetto ascetico e spirituale del T.O.F., da Pio X in poi, prende il sopravvento; da tener presente che le fraternità erano composte in gran parte da donne, in tempi in cui ciò era abbastanza limitante.
I PAPI DEL XX SECOLO E ILTERZO ORDINE FRANCESCANO
L’atteggiamento dei vari pontefici che si susseguono dopo la morte di Leone XIII, è sempre di grande affetto e attenzione verso il
T.O.F.; fanno ancora parte del gruppo di papi appartenenti all’ordine e quindi sono bene a conoscenza dei pregi e difetti dei
terziari francescani e dell’impegno con cui vivono la loro regola. Tutti, da san Pio X in poi, continuano a guidare il Terz’Ordine e a spronarlo perché la presenza dei terziari, nella Chiesa e nel mondo, sia viva ed efficace testimonianza dei valori evangelici. S. Pio X, succeduto a Leone XIII nel 1903, pur nelle difficoltà del suo magistero, non dimentica mai il Terz’Ordine, ma sa perfettamente che manca ai terziari una preparazione mirata a renderli consapevoli del loro ruolo nella società. Tramontato il sogno del suo predecessore, il pontefice chiede ai laici francescani una preparazione spirituale più profonda, ricordando che essi
devono soprattutto “curare la comune concordia e lo spirito di penitenza”. Evidentemente il papa non propone più un programma di impegno attivo nella vita politica e sociale. In questi anni anche l’attività dei congressi e dei convegni diminuisce, in ogni caso la loro convocazione è sotto il controllo totale dei frati assistenti: soltanto ad essi è dato il potere di convocarli e dirigerli. Ormai il T.O.F. torna ad assumere i connotati di un istituto che trasferisce nel mondo le caratteristiche della vita religiosa, con il rischio di estraniarsi dalla vita impegnata nella società civile. Sicuramente era più che giustificata la preoccupazione del pontefice, che vedeva nel modernismo e nelle ideologie dominanti nel mondo laico, un grave pericolo per la fede e per la vita di tutti i cristiani, terziari compresi! L’equilibrio tra le due facce del carisma dei francescani secolari, non era stato mai facile. Ora il T.O.F., accentuando il devozionalismo, rischia di diventare “un convento senza clausura “, come si suggerisce in qualche stampa indirizzata ai terziari. Un altro rischio in questo periodo, è la confusione che si può creare tra il Terz’Ordine e gli Istituti secolari, appena fondati. Dagli anni trenta in poi aumenta la loro presenza nella Chiesa e avranno il riconoscimento ufficiale e il nome definitivo, nel 1947 da parte di papa Pio XII. Anche l’Opera della Regalità, voluta da p. Gemelli ha inizio in questo momento come gruppo di collaboratori dell’Università Cattolica. Appare subito evidente che non è fra gli Istituti Secolari il posto dei terziari, si tratta di carismi ben diversi! Due momenti molto favorevoli al rilancio e alla diffusione del T.O.F. si presentano durante il pontificato di Benedetto XV; nel 1921 si ricorda il settimo centenario della fondazione del terz’Ordine e della Regula antiqua o Memoriale propositi; nel 1926 si celebra in tutta la famiglia francescana il settimo anniversario della morte di san Francesco. Le celebrazioni del VII centenario del Memoriale propositi, vengono arricchite dalla pubblicazione dell’Enciclica pontificia “Sacra propediem”, dedicata all’avvenimento. La convocazione a Roma, del secondo e ultimo Congresso internazionale e i festeggiamenti del centenario della morte di san Francesco, sono momenti di grande valore, ma sono gli ultimi a lasciare un’impronta duratura nella vita del Terz’Ordine nella prima metà del Novecento.
Le tragiche vicende storiche dei decenni successivi rallentano, o addirittura fermano, il lavoro di rinnovamento del T.O.F. e il suo cammino verso l’unità fino al tempo del Vaticano II e di Paolo VI. Soltanto dopo il concilio riprendono i contatti e il confronto tra le fraternità sia a livello regionale e nazionale, sia in campo internazionale. Dopo laboriose trattative e lo studio approfondito della nuova regola, approvata da Paolo VI nel 1978 e promulgata insieme alla Lettera Apostolica “Seraphicus Patriarca “(FF3412 – 3439), si è giunti a realizzare quasi completamente l’unità desiderata dai pontefici terziari degli ultimi due secoli. Unità che ha riportato la vocazione francescana secolare al carisma delle origini, vissuto nelle sue caratteristiche essenziali sempre valide, pur nelle mutate condizioni dei tempi. Fedeltà alla Chiesa, fraternità, povertà, vita evangelica sulle orme del padre san Francesco…tutti tratti immutabili della vocazione dei fratelli della penitenza. Da ottocento anni presenti nella Chiesa e nella famiglia francescana, in modo semplice e quasi sempre silenzioso, i terziari dal loro posto nel mondo hanno seguito le vicende della storia umana, portando il loro contributo di spiritualità e di apostolato. Un piccolo gregge, sempre unito ai pastori e ancora oggi pronto a svolgere i suoi compiti nella società e nella Chiesa del ventunesimo secolo
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PER APPROFONDIRE:
· Fonti Francescane
· Antonio Fragona, “L’Ordine francescano secolare: storia,
legislazione, spiritualità”
· Mariano Bigi, “Testi legislativi antichi,Regola e Costituzioni
attuali dell’Ordine francescano secolare”
· Prospero Righi e Andrea Gasperini, “L’impegno sociale del
Terz’Ordine Francescano nell’epoca di Leone XIII”
· Marco Asselle, “Le radici del passato, le sfide del futuro: il
terz’ordine francescano di fronte ai nuovi movimenti
ecclesiali”