di Fabio Colasanti

La saga della partecipazione di Novak Djokovic all’Australian Open è finita.
Pochi ne escono bene. Il governo australiano ha fornito indicazioni poco chiare e ha mostrato una mancanza di coordinamento tra il livello regionale e federale. Novak Djokovic ha raccontato una storia poco credibile e contraddittoria (se il 16 dicembre sera è stato veramente informato di essere positivo al Covid, il suo comportamento il 17 e 18 dicembre è stato criminale).

Ma chi mi ha deluso di più sono stati il governo della Serbia e il presidente della repubblica di quel paese.
Quando ero bambino mia madre mi aveva spiegato di non poter difendermi in una mia disputa con un altro ragazzino perché non stava bene difendere qualcuno per principio, solo perché è membro della famiglia. Un membro della famiglia non può essere imparziale nel valutare fatti del genere e, per non essere accusati di parzialità, è meglio non intervenire in dispute che riguardano membri della famiglia; è una cosa che “non si fa”. Mi spiegò anche che evidentemente non poteva prendere le mie difese quando ero criticato dagli insegnanti.
È vero che, purtroppo, oggi tante cose sono cambiate. Ma le dichiarazioni sul caso Djokovic del presidente Vučic e del primo ministro serbo Brnabić che ho ascoltato alla televisione mi sono sembrate indegne.
Sono già contrario ad ogni allargamento ulteriore dell’Unione europea nei prossimi anni. Non vedo la possibilità di avere allargamenti prima di una riforma dei trattati, che non è certo per domani. Mi dispiace per alcuni paesi che forse avrebbero bisogno dell’ingresso nell’UE per completare i loro programmi di riforma e modernizzazione. Ma non penso che rinunciare all’allargamento alla Serbia sia una grande perdita.