di Mario Pizzoli
Ancora non siamo alla fine di questa commedia, ma ad uno snodo che fa presagire la depressione, quella pesante.
Un parlamento così pezzente, così gretto, così poco rappresentativo, un Parlamento “de poracci” mi viene da dire da romano, non s’era mai visto, o raramente.
Come prevedibile, questo Parlamento ha prodotto uno spettacolo indecoroso, un’inutile andirivieni che ricorda, nella migliore delle ipotesi, il famoso comando navale del Cafiero (un falso storico) che recitava “All’ordine facite ammuina, chi sta a prua vada a poppa, chi sta a poppa vada a prua…” e altri comandi atti a creare confusione e l’illusione di operosità. Nella peggiore delle ipotesi invece, ricorda il brutto spettacolo di scarafaggi che, presenti sul pavimento di casa, tendono a muoversi in tutte le direzioni e a nascondersi all’accensione della luce.
Un centro destra all’impronta del “volemose male” con Meloni che fa di tutto per affondare Salvini, Salvini che fa di tutto per affondare se stesso, e Berlusconi che al confronto appare un Machiavelli. Distrutta, con poche abili mosse, soprattutto di Salvini, l’idea di un centro destra unito, che si candidava a guidare il paese in ragione proprio di questa caratteristica, e che oggi mostra al paese un’immagine provinciale di politicanti intenti a guardarsi l’orticello di casa e a mantenerlo più carino di quello del vicino, con il risultato di dare un bel po’ di diserbante l’uno all’altro.
Il centro sinistra, meno disastrato, mostra però l’impossibilità di imporre alcunché, per la presenza dei soliti dissidenti di professione del PD, e alle enormi contraddizioni di un M5S che non ha ancora compiuto il rinnovamento auspicato da più parti o se l’ha fatto, lo sta facendo in accordo a quei temi che ne hanno decretato le peggiori sconfitte e che ne stanno minando ed erodendo il consenso. Conte, contrariamente a quanto dichiarato in altri momenti meno stressanti, non controlla granché, soprattutto quel Di Maio che cresciuto nell’area e nell’aria Governativa, crede per osmosi di essere diventato Churchill. PD il cui Segretario ha lavorato bene, ma che è risultato troppo debole, in Parlamento, e nel suo Direttorio, per dare la spallata definitiva ad un sistema nato per lo stallo.
Renzi, che per la prima volta, fiutata la debacle, fa silenzio (tranne alcune sparate inutili) e si irregimenta dietro Letta, ma forse più per opportunità che per concordia politica. Ha un nome in mente, e distrugge sistematicamente tutti gli altri.
Risultato? si discute come se non si sapeva nulla di questo appuntamento, come se non capissero gli equilibri in campo, come se si giocasse ad una partita di risiko atta a mantenere la propria parte di potere più che a dare, come la costituzione richiede, un Presidente della Repubblica agli italiani. Dopo giorni di dichiarazioni inutili, e discussioni dei giornalisti e dei retroscenisti, tutti i nomi vengono bruciati o viene loro trovato il neo, l’unico neo, ma che impedisce a 1009 grandi elettori senza troppa voglia di lottare, di trovare un nome condiviso. In Italia oggi sembrerebbe quindi che non esista alcuna personalità in grado di rispondere agli alti requisiti di cui i 1009 si riempiono la bocca. Alla fine, prima vengono sacrificati alcuni nomi gregari (Nordio, Moratti, Pera), poi qualche nome importante (Casellati ad esempio) per arrivare alla disperata, risibile convinzione che non esiste alcun candidato all’altezza di Mattarella. Ci sarebbe da piangere se non ci fosse da ridere. Mattarella è stato un uomo ottimo delle istituzioni, ma fatico a credere che non ci sia chi, senza farcelo rimpiangere, ne possa prendere il posto. Sicuramente non è tra i 1009. Ma i profili ci sono, solo che non rispondono alle logiche evidentemente grossolane e individualiste scaturite dalla sempreverde domanda: “E io che ci guadagno?”.
Insomma, alla fine si va verso un’umiliante richiesta della politica al Presidente uscente perché rimanga. Nulla di peggio per un Presidente che aveva indicato che una sua permanenza al Quirinale sarebbe stata una forzatura istituzionale. Immaginate la gioia del Presidente alla notizia, che avrà pensato il più istituzionale dei commenti, tipo “se ve pio, ve scortico” o “possin’ammazzavve”.
Io non mi riconosco in questo parlamento di pagliacci, ma, allo stesso tempo mi batterò perché a cambiare siano costoro, e non la Costituzione per dare potere di elezione del capo dello stato ai cittadini, come suggerito da Renzi e, in una diretta da Montecitorio, sottoscritto dal giornalista Aldo Cazzullo. Improvvisamente, in mezzo al dramma di un Parlamento di incapace, si inserisce la nota più apertamente populista, del più antipopulista (a chiacchiere) del panorama politico italiano. Che s’ha da fare per campare…
Spero ronzino le orecchie a tutti, e che la notte porti consiglio. Presidente, lo faccia per noi, non accetti, e li sbugiardi in streaming. Ha il mio consenso. Dica a tutti “Après moi le deluge”
