di Fabio Colasanti

ll motivo principale dell’azione di Vladimir Putin sull’Ucraina è avere il suo posto nella storia (probabilmente quando si ritirerà sarà stato alla guida della Russia per circa trenta anni, più della maggior parte degli zar e molto, ma molto più a lungo dei leader dell’URSS) come la persona che ha portato la Russia a essere considerata di nuovo “una grande potenza”, con una sua “zona di influenza”.
Per di più, come lui stesso ha detto, trova ripugnante che l’Ucraina stia sviluppando una cultura occidentale che la sta portando a rinnegare (secondo lui) la sua stessa storia. Avere un’Ucraina che possa un giorno diventare una democrazia più o meno accettabile è per lui intollerabile. La cosa potrebbe dare delle idee ai russi.
I discorsi deliranti di Putin e gli articoli che ha scritto in vari media occidentali sono impregnati di storia, ma della sua versione della storia. In particolare nega che l’Ucraina possa essere considerata uno stato. Nella visione ottocentesca del mondo che ha Vladimir Putin, lo stato coincide con la nazione. Il fatto che il tentativo di fare coincidere lo stato con la nazione abbia portato nel XX secolo all’oppressione delle minoranze e alle guerre gli sfugge. Quante minoranze etniche abbiamo oggi in Europa? Vogliamo “liberarle” con qualche guerra ? Si tratta di una parte della storia che sembra non conoscere.
I confini di uno stato dipendono da tanti elementi, l’ideale sarebbe che dipendessero dalla volontà dei cittadini. Nel dicembre del 1991 in Ucraina c’è stato un referendum sull’indipendenza del paese che ha decretato a larga maggioranza l’indipendenza del paese. In tutte le circoscrizioni elettorali il “Si” ha avuto la maggioranza, dal 53 per cento in una circoscrizione al ben oltre il 90 per cento di Kyev. Nelle due circoscrizioni elettorali del Donbass (Donetsk e Lugansk) il “Si” ha avuto oltre l’ottanta per cento dei voti. Il risultato di questo referendum nella seconda più grande repubblica dell’URSS ha portato alla dissoluzione di quest’ultima.
Ma Vladimir Putin ha detto e scritto di considerare la dissoluzione dell’URSS come una catastrofe storica. Quindi lui questo risultato è una disgrazia. Ma che il referendum abbia avuto conseguenze politiche che non piacciono a Vladimir Putin non annulla la sua validità. L’Ucraina come stato indipendente esiste da trenta anni ed è stata riconosciuta come tale da tutti i paesi al mondo.
L’ammissione di un paese alla Nato non è automatica. Dipende da alcuni criteri oggettivi e dall’unanimità dei membri dell’alleanza. Joe Biden ha ricordato che l’ammissione dell’Ucraina alla Nato non è all’ordine del giorno. Sia Scholz che Macron hanno dato a Putin il proprio impegno a non permettere l’adesione dell’Ucraina alla Nato fintanto che loro saranno al governo e si saranno mostrati sicuri che anche i loro successori avrebbero condiviso la loro valutazione.
Alcuni possono pensare che l’Ucraina sia un caso particolare perché confinerebbe con la Russia, ma i tre paesi baltici confinano anche loro con la Russia e sono nella Nato dal 1997. L’argomento dei confini con la Russia non regge.
La Nato, per ovvi motivi di buon senso, non ha istallato nei paesi baltici postazioni missilistiche che minaccino la Russia. Ci sono delle postazioni antimissili in Bulgaria e in Polonia, ma sono previste per difendersi da missili che potrebbero essere lanciati dall’Iran (la Terra è sferica e il percorso di un missile lanciato da questo paese verso obiettivi nell’occidente passerebbe a portata di queste istallazioni). E’ però vero che – con un lavoro di qualche mese – queste istallazioni potrebbero essere trasformate per lanciare missili diversi. Ma oggi non ci sono nei paesi europei grandi istallazioni missilistiche anti-russe e non c’è nessun ammasso di missili contro la Russia come blaterato in altre risposte.
Ci si chiede il “perché” e il “perché adesso”.


Il più grosso problema è che Vladimir Putin non ricerca vantaggi materiali dall’invasione dell’Ucraina e sa bene che questa operazione avrà un prezzo pesante che rischia di paralizzare l’economia russa. La Russia è un paese che ha un PÏL con un valore monetario a metà strada tra il valore del PIL spagnolo e quello nostro. E’ un paese che negli ultimi anni ha speso, in proporzione al PIL, tre volte quello che spende l’Italia. Oggi, 24 febbraio l’indice della borsa di Mosca è sceso del 30 per cento e poi le contrattazioni sono state sospese. Il rublo è sceso ad un minimo storico nei confronti del dollaro.
Per di più la Russia, come altri paesi emergenti è cresciuta fortemente tra il 1999 ed il 2013 (Putin è andato al potere nel 1999), è cresciuta in media del 4.7 per cento all’anno. Ma tra il 2014 ed il 2021, la crescita russa si è fermata. Il tasso di crescita medio dell’economia russa di questi anni è stato di solo lo 0.8 per cento. Questo significa pochi nuovi posti di lavoro e stipendi fermi. E’ probabile che l’opinione pubblica russa si stia ponendo qualche domanda.
Alcuni paesi europei (soprattutto Italia, Austria, Slovacchia e Germania) sono oggi molto dipendenti dal gas russo. Ma se i piani europei per la transizione ecologica fossero realizzati questa dipendenza dovrebbe ridursi fortemente. Tra qualche anno le esportazioni russe di petrolio e gas potrebbero ridursi. Questo ridurrebbe i redditi russi. Le tasse sulle esportazioni energetiche costituiscono circa il dieci per cento delle entrate del bilancio russo.
Infine, Putin ha ereditato un esercito russo in condizioni pietose. Nel corso degli anni ha speso cifre folli (data la povertà del paese) per riorganizzarlo e ammodernarlo. Deve aver pensato di disporre adesso di uno strumento di qualità sufficiente per le sue ambizioni.
Nel suo discorso del 21 febbraio (durato quasi un’ora e tenuto a braccio) Vladimir Putin ha esaltato il nazionalismo russo nella storia e soprattutto durante la Grande Guerra Patriottica. Al tempo stesso, ha condannato duramente il nazionalismo ucraino che sarebbe all’origine dei problemi attuali. Due pesi, due misure ?
Nel discorso trasmesso nella mattina del 24 febbraio Putin ha annunciato i due obiettivi : la smilitarizzazione dell’Ucraina e la sua “de-nazificazione”. Una cosa curiosa, ma solo fino ad un certo punto. E’ emerso che il discorso trasmesso questa mattina sarebbe stato registrato il 21 febbraio scorso. Le indicazioni dei servizi di sicurezza occidentali che sostenevano come la Russia avesse già deciso da tempo l’invasione si sono rivelate esatte. Avevano annunciato una mossa pubblica di Putin per subito dopo la chiusura dei giochi olimpici di Pechino e lunedi avevano annunciato l’invasione dell’Ucraina entro 48 ore.
Se si riflette sulle parole di Putin c’è da aver paura. Implicano l’istallazione a Kiev di un regime fantoccio e la persecuzione di molti avversari politici.
E’ possibile che Putin decida il trasferimento del Donbass e della Crimea alla Russia, ma quello che vuole sicuramente è avere in Ucraina un regime fantoccio come quelli della Bielorussia, del Kazakhstan e di altre ex-repubbliche sovietiche. Naturalmente ci sono e ci sarebbero truppe russe in tutti questi paesi per evitare che qualche elezione dia risultati non previsti.
A Putin non basterebbe la non adesione dell’Ucraina alla Nato.