Pluralismo e complessità dei problemi

Nell’attuale situazione, riteniamo opportuno svolgere qualche riflessione sul ruolo del pluralismo scientifico nell’affrontare i problemi e le emergenze delle nostre economie.

Tra i vari rivolgimenti causati dall’emergenza covid-19, vi è senza dubbio il vanificarsi dell’illusione di univoche certezze scientifiche. Fino all’erompere di tale emergenza, infatti, l’idea implicita abbastanza prevalente tra gli studiosi e le persone comuni era che vi fosse da un lato una scienza con la S maiuscola ― costituita dal settore fisico-chimico-biologico in senso ampio ― caratterizzata dalla verificabilità/falsificabilità delle sue ipotesi attraverso parametri quantitativi e misurabili. E, dall’altro, una scienza con la s minuscola ─ comprendente le scienze psicologiche, economiche e sociali ─ largamente basata su ipotesi qualitative non facilmente verificabili, e caratterizzata anche per questo motivo da irrazionalismo e sterili dispute. Quindi, secondo questa corrente di opinione, l’unica cosa sensata da fare per “tali scienze di serie B” era di diventare come le scienze naturali ― una “fisica sociale”, nella definizione di Auguste Comte ― basate su ipotesi verificabili/falsificabili attraverso dati misurabili.

L’approccio positivistico (inteso in senso ampio) è diventato così il modello prevalente nelle scienze sociali. Mentre ciò avveniva, dando almeno una parvenza di soluzione dei problemi, è intervenuta l’emergenza covid-19. Tale evenienza ha mostrato non solo l’insufficienza dell’approccio razionalistico alla soluzione dei problemi, riportando così il pluralismo delle teorie e delle conseguenti politiche al centro del dibattito. Ma ha evidenziato anche, con l’emergere del pluralismo anche in ambito medico e biologico ― al punto che è difficile trovare due virologi con le stesse idee e proposte di soluzione ― la complessità dei problemi da affrontare.

Ovviamente, ciò dipende anche dal carattere assolutamente drammatico e sperimentale dell’attuale situazione. In questo contesto, anche se la grande maggioranza degli studiosi è d’accordo sull’utilità dei vaccini anti-covid, vi sono diverse opinioni sul grado e sulla durata della loro efficacia.

Ma, in effetti, tale diversità di opinioni costituisce un fenomeno assolutamente normale nell’analisi di problemi complessi. A ben vedere, infatti, anche nelle “vere scienze” la “verificabilità/falsificabilità” di determinati fenomeni è basata su ipotesi semplificatrici ad hoc. Ad esempio, nell’analisi degli effetti della forza di gravità di un oggetto che cade da

un’altura, vi sono ipotesi precise su tutto il contesto dell’esperimento (tipo e peso dell’oggetto, etc). Di conseguenza, vi sarà un ampio accordo sull’operare di tale legge fisica. Ma, appena si abbandonano tali ipotesi, tutto diventa meno certo e più complesso e vi sono quindi diverse teorie interpretative del moto in sistemi più ampi.

Pluralismo economico ed implicazioni di policy

Lo stesso accade nelle scienze economiche e sociali. In economia, ad esempio, se si adottano una serie di ipotesi specifiche (spesso semplificate) sulla propensione al consumo di determinate persone/gruppi sociali, si può stabilire una correlazione abbastanza precisa tra reddito e consumo. Ma, appena ci allontaniamo da tali ipotesi, la realtà diventa immediatamente più complessa. E con tale complessità, riemerge l’importanza del pluralismo scientifico ─ ossia del confronto tra diverse opinioni ─ per una comprensione più approfondita di tali problematiche. Ad esempio, su quali teorie dovrebbero basarsi le politiche fiscali? Da una parte, vi è il filone di pensiero più “ortodosso” (neoclassico ed in parte austriaco), che considera la spesa pubblica tendenzialmente corrotta ed inefficiente. E come un fattore che spiazza (attraverso il cd crowding out effect) la spesa e gli investimenti privati. La prescrizione di policy è quella di ridurre il più possibile la spesa pubblica e la tassazione. E, dall’altra, vi sono le teorie di orientamento più “eterodosso” (in particolare, Keynesiane ed istituzionaliste) che sottolineano, nell’ambito di un principio di sussidiarietà, il ruolo centrale ed insostituibile del settore pubblico (che ovviamente deve essere efficiente) nello sviluppo economico.

Il settore pubblico, infatti, svolge un ruolo rilevante (i) nel predisporre le norme e le istituzioni necessarie per il funzionamento dei mercati; (ii) nella creazione di beni pubblici che i privati non hanno incentivi a produrre; e, last but not least, (iii) nel creare domanda effettiva per l’assorbimento dei prodotti del settore privato.

Lo stesso pluralismo (ossia diversità di opinioni) rispetto al ruolo dell’azione pubblica e privata può osservarsi nelle politiche monetarie, del lavoro, della ricerca e dell’innovazione, dell’ambiente.

I vantaggi scientifici del pluralismo

Nell’analisi della complessità di tali aspetti, un approccio pluralistico ha il merito di evidenziare l’importanza di non fermarsi ad illusorie semplificazioni dei problemi basate sulla “verificabilità/falsificabilità” di aspetti specifici: ad esempio, nell’analisi degli aumenti di spesa pubblica verificatisi nei paesi OCSE nel secondo dopoguerra, considerare solo l’influenza dei gruppi di interesse sul potere politico. Questi aspetti hanno certo giocato un ruolo, ma vanno inquadrati in una tendenza strutturale, per i fattori richiamati, ad un aumento dell’importanza del settore pubblico nella gestione della crescente complessità delle economie del nostro tempo. Un aspetto importante di tale complessità è che molte di tali trasformazioni hanno carattere qualitativo. Ma ciò non significa che non possa esservi una valutazione scientifica (in senso umanistico) di questi aspetti, ad esempio la bravura e creatività di un pittore o di un musicista, ma solo che tale valutazione sarà più complessa ed opinabile. In questo senso, è importante notare che l’aspetto qualitativo ― e quindi intrinsecamente soggettivo ed opinabile in quanto collegato alle valutazioni delle singole persone ― riguarda anche gli aspetti più misurabili ed “oggettivi” delle “vere scienze”. Infatti, siamo sempre noi, con le nostre percezioni e sistemi di valori, che traiamo determinate deduzioni sula verificabilità/falsificabilità di certi esperimenti. E, come osservato in precedenza, tali deduzioni saranno tanto più diverse (pluralistiche) quanto più abbandoniamo ipotesi (spesso illusoriamente) semplici. In questo senso, vi saranno sempre dei bias valutativi collegati alle preferenze teoriche dei singoli, ma è in questo stadio che un approccio pluralistico rende possibile, attraverso il confronto con altre prospettive, procedere ad un approfondito processo di valutazione sociale delle diverse alternative di policy. Ed è proprio questo confronto che, rendendo possibile una conoscenza più approfondita dei vari aspetti delle questioni da affrontare, pone le basi di una maggiore “scientificità” delle conclusioni raggiunte. Come notava il famoso sociologo Karl Mannheim, solo osservando un panorama da differenti prospettive permette di rendersi conto della sua complessità. Ed è sulla convinzione che il pluralismo scientifico sia importante non solo come fondamentale garanzia dei principi della democrazia, ma anche per ottenere una migliore comprensione scientifica (e quindi per realizzare politiche più efficaci) dei problemi del nostro tempo, che è improntata la nostra rivista, Il Pensiero Economico Moderno.

___________________

* Arturo Hermann, Editoriale del numero 1/2021 della rivista Il Pensiero Economico Moderno, link https://www.ilpensieroeconomicomoderno.it/ presentato anche al Workshop dell’Università di Camerino “Economia e società in transizione: teorie, mercati e welfare” del 25 Marzo 2022.