di Giovanni De Sio Cesari
Le tragiche vicende della guerra in Ucraina hanno posto all’opinione pubblica il tema della identità ucraina: esiste una nazione ucraina distinta da quella russa?
In genere, in Occidente, le due identità non vengono distinte: tutti noi pensiamo alla Russia riferendoci a politici come Kruscev o a Breznev e anche Trotsky, a Odessa con la famosa scalinata della repressione del Potemkin, cosi come ai cosacchi . In realtà, dovremmo invece riferirci all’Ucraina. Comunemente noi vediamo tutta l’Ucraina come il sud della Russia. Nell’Ucraina attuale, invece, è in atto da 30 anni una affermazione d’identità nazionale, in genere in funzione anti russa. A questo proposito Putin ha parlato della inesistenza della identità ucraina e circa un anno fa ha pubblicato un lunghissimo articolo ( qui il link in versione italiana: http://sakeritalia.it/attualita/articolo-di-vladimir-putin-la-storica-unita-di-russi-e-ucraini/ ) in cui, con puntiglio, mostra come la storia russa e ucraina siano intimamente connesse come parti di un tutto.
In effetti la storia dei popoli slavi gravitanti in quello che poi divenne l’impero dello Zar ha avuto una prima fase di civiltà prima dell’anno mille. Quando l’Europa occidentale era immersa nell’alto medioevo , nel periodo più buio della nostra storia, fiorirono il Rus di Kiev, fondato da varieghi (che noi chiamiamo vichinghi) e quello di Novgorod, più a nord, che erano connessi politicamente, culturalmente soprattutto religiosamente e che Putin considerava la radice della Russia moderna, mentre gli ucraini di oggi fanno risalire ad essa la loro identità storica distinta dal resto della Russia; tuttavia si tratta di fatti lontani nel tempo: Il Rus di Kiev fu travolto dall’invasione dei mongoli di Gengis Kan. Seguirono il predominio di potentati islamici (definiti tatari, , termine ancora in uso in Russia per indicare popolazioni islamiche presenti nel territorio, per esempio i tartari di Crimea), principalmente l’Orda (accampamento) d’oro. In seguito, nel ‘500 il principato di Mosca si rese indipendente da essi e iniziò una lunga opera di conquista , (o unificazione , dipende dai punti di vista) del territorio. L’annessione alla Russia dello zar avvenne alla meta del 600 quando l’ataman cosacco Khmel’nytsky chiese l’ annessione all’impero dello zar. Questo episodio viene bollato dagli ucraini come il grande tradimento. In realtà storicamente fu un fatto, diciamo, inevitabile, naturale. In quel tempo nell’oriente dell’Europa era in atto un grande scontro fra gli slavi convertiti al cristianesimo dalla chiesa cattolica di Roma, in genere attraverso l’intermediazione germanica, e quelli che avevano ricevuto la fede da Bisanzio, di fede ortodossa. L‘ucraina ortodossa era allora contesa fra i Polacchi cattolici, il ritorno di Kanati islamici e le disordinate fratellanze cosacche. Incapaci di resistere da soli l’ataman Khmel’nytsky si appellò alla Russia in nome della comune fede ortodossa nella quale Mosca si era proclamata come la terza Roma dopo la caduta di Costantinopoli. Non si può quindi parlare di un tradimento , di un colpo di testa, ma di un naturale sviluppo in un mondo in cui la fede religiosa individuava i popoli. I Polacchi conservarono un lembo dell’Ucraina, la Galizia ( in ucraino: Haliycyna , oblast di l’viv attualmente) nella quale riuscirono a ottenere la adesione della chiesa locale al cattolicesimo conservando per altro i riti e le tradizioni ortodosse (attualmente Uniati di Ucraina).
Sull’onda del Romanticismo nell’800 ci fu il risveglio della nazionalità in tutta Europa e quindi, anche in Ucraina, ci fu un ricerca delle proprie radici ed identità cosi come avvenne in Italia e Germania e altri paesi. La lingua ucraina (o dialetto, dipende dai punti di vista ) comincia ad avere dignità di lingua per la prima volta nel poema Eneida del poeta Kotljarevs’kyj nel 1798 ma il maggiore esponente della cultura ucraina fu Taras Ševčenko (1814-1861) , sconosciuto in Occidente, ma attualmente considerato una specie di padre della patria in Ucraina ( un pò come il nostro Dante) e le cui statue si trovano dappertutto nel paese, come da noi quelle di Mazzini o di Garibaldi. Putin nel suo articolo si sofferma molto su Ševčenko ,considerandolo come una espressione di unita ucraina- russa, tacendo però che, accusato di nazionalismo, fu duramente condannato.
Si arriva quindi alla rivoluzione del 1917: la caduta dello zar comporta di per se spinte centrifughe alle quali però ai tempi di Lenin si pose rimedio con l’idea della patria socialista in una prospettiva di universalità del verbo comunista. Si ebbe quindi l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche che univa in pratica quasi tutte le terre dell’ex impero zarista ( tranne paesi baltici e Polonia) divise in 14 repubbliche aderenti e tutte con diritto alla secessione. Il collante però era il partito comunista che era l’unico vero potere in tutta l’URSS e ogni rivendicazione nazionalista fu soffocata come residuo capitalista borghese.
Le vicende storiche, tuttavia, di per se non segnano le identità nazionali: è invece la rilettura di esse in chiave patriottica che finisce con il giustificarle.
Ad esempio, per noi italiani durante il Risorgimento si rilessero episodi come quelli della disfida di Barletta, dell’assedio di Firenze, di Pietro Micca soprattutto del Balilla per affermare l’idea di una coscienza nazionale che in realtà in quegli episodi non esisteva per niente o quasi.
Chiediamoci allora in che consiste l’ identità nazionale.
Esiste lo Stato: lo Stato è cosa estremamente concreta e precisa.
L’identità nazione, la nazione , invece, è un concetto molto vago e incerto : non c’è nessun criterio oggettivo per individuarlo.
Non si può parlare di comunanza di mentalità, come generalmente si fa evocando un supposto genio comune. In ogni paese esistono sempre enormi differenze di mentalità. I borghesi parigini e romani sono molto più vicini fra loro che gli abitanti delle banlieu o delle borgate, lingua a parte. Non credo che ci siano differenze nella mentalità di un russo o di un ucraino che da secoli appartengono alla stessa comunità, come abbiamo visto.
La lingua in genere viene indicata come discriminante ; ma, molti popoli hanno lingue diverse ( gli svizzeri ad esempio, in India poi decine di lingue indoeuropee e dravidiche).
Soprattutto difficile distinguere lingue e dialetti. In realtà, nel caso specifico, tutti gli ucraini conoscono il russo e anche i Russi di Ucraina ormai parlano anche l’ ucraino perché richiesto nelle scuole. In realtà, considerare l’ucraino come lingua è stata una decisione politica. La distinzione non è semplice né univoca: anche il veneto o il napoletano sono lingue? Ci sono vari fattori da considerare, ma qui iI problema è se una lingua di per se giustifica l’esistenza di una nazione.
Diciamo allora che l’ unico criterio concreto è la coscienza di appartenere a una nazione: il popolo italiano esiste nella misura in cui la maggioranza dei cittadini si riconosce in esso.
Indubbiamente, in Ucraina vi è questa coscienza di appartenenza. Il risultato dell’invasione russa è stato proprio quello di rinsaldare, esaltare tale coscienza . Anzi, la improvvida iniziativa di Putin ha finito con estenderla anche ai russofoni. Poiché la guerra in corso si combatte soprattutto nelle regioni russofile, è accaduto che proprio questi hanno sofferto delle distruzioni, stragi, terrore, conseguenza dell’invasione russa. Paradossalmente, Putin nel tentativo maldestro di distruggere la identità ucraina ha ottenuto l’effetto assolutamente opposto di rafforzarla e anzi di estenderla agli stessi russi.
Spesso avviene nella storia che il tentativo di perseguire un risultato ottenga l’esatto opposto