di Mario Pizzoli
“Scrivevo cuore con la Q, quaderno con la C…” iniziava una canzone forse neanche troppo nota del passato (Aulì Ulè – Celentano), evidenziando un paio di comuni strafalcioni di Italiano. Il titolo di questa considerazione scritta non rientra in questa categoria, focalizzandosi sui recenti quesiti referendari, il cui esito appariva quasi scontato, sul referendum in generale e le implicazioni che ne scaturiscono.
Sempre più referendum vengono disertati e, in genere ,l’affluenza non è esaltante. Il dato di fatto odierno (Affluenza ferma a poco meno del 21%) non solo conferma questo trend, ma se possibile rincara la dose, essendo tra i valori più bassi mai registrati. Peraltro giovani, anziani, ceti popolari sono le categorie di elettori che hanno fatto registrare l’affluenza minore.
Sono possibili varie letture, io propongo la mia:
1) l’istituto del referendum è uno strumento importante, il più importante tra quelli che riguardano la democrazia diretta, dando ai cittadini la possibilità di dire la propria opinione su questioni rilevanti; ma è uno strumento delicato e sul cui uso spesso e volentieri non si esercitano le appropriate cautele. La natura del referendum, espressione di ogni cittadino, richiede elementi imprescindibili per la buona riuscita di esso. Informazione di servizio, informazione neutra e bipartisan sulla natura del quesito, implicazioni delle scelte possibili, uso di termini semplici, uso di quesiti diretti, senza doppie negazioni o trabocchetti verbali che inducano persone con scolarità inferiore a supportare una scelta referendaria contraria proprio per l’incomprensibilità del testo. Insomma, questo il mondo ideale, ma spesso gli elementi citati non vengono presi in considerazione; anzi, vengono distorti nell’informazione di propaganda, impedendo di fatto che il cittadino medio non solo capisca cosa sta votando, ma che ne capisca di fatto le implicazioni nella realtà.
2) Il quesito referendario è spesso utilizzato per quesiti estremamente tecnici, quindi già complicati (lo abbiamo detto) per i cittadini da comprendere. Ma diciamo per amor di discussione, che il cittadino medio capisca. Ma capire il quesito non vuol dire saper valutarne le implicazioni una volta barrato il SI o il NO. Il referendum in UK sulla Brexit ne è un esempio plastico, per i risvolti che ha avuto sull’economia britannica. Ora, che senso ha chiedere al cittadino comune di esprimersi su qualcosa di tecnico, su cui nel migliore dei casi si hanno conoscenze limitate e frammentarie? E possibile valutare pro e contro, ad esempio, del blocco al nucleare? Se sei un tecnico e ti confronti con molti altri tecnici, analisti, economisti, e molti, molti altri, forse si, con buona approssimazione. Ma se fai l’impiegato, il DJ, o anche il medico, fino a che punto riuscirai a valutare ogni singolo aspetto tanto da dare un giudizio consapevole? Usare il referendum su questioni etiche è più “semplice”, perché le implicazioni da valutare presuppongono minori conoscenze tecniche e si espandono su terreni in cui la componente tecnica è meno rappresentata di quella di coscienza. Non che sia semplice, ma un po’ più semplice.
3) Ma perché non si raggiunge il “quorum”? Sempre più spesso proprio per questioni di “quorum”, cioè ideologiche. Intendiamoci, l’esercizio dell’astensione nei referendum che richiede il quorum è legittima e legale. Nessun dubbio, e chi la esercita, piaccia o meno, fa cosa “normale”. Sempre più spesso però l’astensione ha una componente ideologica, dettata dalle proprie convinzioni politiche o dalle proprie simpatie, quest’ultima del tutto indipendente dal motivo del contendere. Se l’astensione non è consapevole, o non legata al quesito, ancorché legale, risulta meno comprensibile. I renziani, tra i promotori del SI ai 5 referendum ammessi, hanno fatto pressione per indurre i cittadini a votare, parlando di dovere civico imprescindibile, ma nel 2016 lo stesso Renzi, in occasione del cosiddetto referendum sulle trivelle, difese a spada tratta l’astensione, come esercizio di democrazia previsto dalla costituzione, e che bisognava accettarlo senza discuterlo. Il cambio di opinione, legittimo, assomiglia molto però proprio all’uso dell’ideologia per orientare il voto nel caso di referendum (s)comodi.
4) Le implicazioni. Indipendentemente dal quorum, molti si sono precauzionalmente espressi sugli ultimi quesiti dicendo che l’importante è l’orientamento che ne scaturirà. In altre parole, non importa il raggiungimento del quorum ma se il SI prevarrà sui NO bisognerà tenerne conto. L’atteggiamento, pretestuoso, è totalmente errato. Ed è tanto più errato quanto si abbassa il quorum. Il raggiungimento del 50% + 1 indica che la risposta data ha coinvolto più del 50% dei cittadini, dando all’orientamento un valore più globale, anche se non assoluto. Il presente referendum si è attestato al 20%. Con una previsione del 60% di prevalenza vuol dire che potrebbe interessare “solo” al 12% degli italiani, il che esprimerebbe una gran minoranza, in assenza di coinvolgimento nazionale; quindi no, in assenza di quorum, tener presente il risultato tra SI e NO è sbagliato, perché le regole sono chiare, e anche l’astensione è, a suo odo, espressione di volontà. Può piacerci o meno, ma ha un suo significato. quindi anche se vincesse il SI al 90% il referendum non passa e “non da indicazioni”. Indicazioni che peraltro non sono comunque vincolanti, in assenza di quorum. E’ bene che i “saggi” si mettano l’anima in pace: in assenza di quorum, il risultato di un referendum che lo richiede semplicemente NON esiste.
5) Renzi ha già affermato che “non è finita qui”. Se la strada da seguire è l’espressione consapevole del Parlamento, per l’autorità dello stesso e la sua competenza, essere ricorsi al referendum popolare implica, oltre ad aver sbagliato strumento, la natura populista della proposta, come se una riforma della giustizia possa essere fatta dal “popolo” a colpi di SI e NO. La nostra democrazia è parlamentare, non diretta, e la via maestra, in genere, è il potere legislativo del Parlamento.
Insomma fare meglio i referendum, al momento giusto, per i quesiti giusti, con la giusta informazione non di parte, accettandone tutte le regole e i risultati aiuterà a rendere e mantenere più credibile questo istituto. Per tutto il resto c’è il Parlamento.
