di Salvo Scibilia

Incontro casualmente un’amica che non vedevo da anni, Daniela. Non è più giovanissima ma è “baciata da un autunno dorato”, per dirla con Denti di Pirajno. Una volta al bar, nel tourbillon dei nostri discorsi, Daniela, sapendomi avvezzo per mestiere alla pubblicità di una catena di supermercati, mi suggerisce con insistenza l’esile ma denso volumetto della Ernaux.

Le do credito, ci mancherebbe. “Guarda le luci, amore mio”, il titolo, normalissimo se estrapolato da un’interlocuzione tra adulti è, invece, la potente suggestione favolistica con cui una mamma-cliente coccola la propria bambina nel passeggino.

L’incipt dell’avventura del consumo è promettente. “Nel mondo dell’ipermercato e dell’economia liberale amare i bambini significa comprar loro più cose possibili”. Si muove con passo leggero Annie Ernaux nella sua quotidianità di consumatrice light, ma le martellate sono inesorabili. Il supermercato, nelle sue notazioni, non diventa mai un osservatorio privilegiato per imbalsamare l’universo dei consumatori incastrandoli in tipologie predisposte, i famosi cluster. La Ernaux all’interno del supermercato fa i conti solo con sé stessa. Da la ville lumiere allo scintillio delle merci, il passo non è breve. Ma la signora Annie Ernaux non è sola, con lei c’è il flâneur di Baudelaire, c’è il focoso e timido Walter Benjamin, c’è La teoria del camminare di Balzac e c’è, anche se la Ernaux non lo sa, un intero corso del professor Massimo Onofri messo in rete durante la pandemia. Nel supermercato l’intera esistenza si da convegno e tutto trova risposta, dall’accudimento al risparmio, dalla festa alla moda, dallo sfizio alla necessità. La felicità assume il volto che incessantemente si trasmuta in merce. La Ernaux non è ispirata dal supermercato ma respira col supermercato: sempre analitica e mai rancorosa; il suo ossigeno ha l’esile consistenza di cento referenze sulle cinquantamila che la grande distribuzione organizzata è in grado di offrire. Ernaux interpreta un mondo che ormai è vano condannare. E nel farlo segue l’indicazione di Sciascia: essere saggista nel racconto e narratore nel saggio.

Nella catarsi dell’ultima pagina, all’uscita senza acquisti, percepisce “lo sguardo dell’addetto alla vigilanza sulle mani, sulle tasche. Come se andarsene senza alcun prodotto fosse un’anomalia sospetta. Colpevoli de facto di non aver comprato nulla”. Grande, questa signora che sento vicina come un’amica.

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