di Giovanni De Sio Cesari

Il modello Riace dell’accoglienza, messa in opera dal sindaco Domenico Lucano ha ricevuto grandi riconoscimenti all’estero, tanto che nel 2016 la prestigiosa rivista americana Fortune, che  pubblica la lista degli  gli uomini e delle donne più influenti al mondo, insieme a papa Bergoglio, Angela Merkel, Aung San Suu Kyi, Obama, ha posto  al quarantesimo posto Domenico Lucano, sindaco di Riace, unico italiano della lista. In Italia, invece, Lucano è incappato  in un processo che lo ha condannato a 13  (dico 13) anni di carcere per reati compiuti nell’esercizio delle sue funzioni di sindaco nel gestire  il suo modello di accoglienza dei migranti.

La sentenza di 13 anni è apparsa a tutti almeno sproporzionata, anche tenendo conto che l’accusa aveva richiesto la metà della pena. Certo, Lucano ha aggirato e forzato la legge per realizzare il suo progetto; se si fosse attenuto alla lettera non avrebbe potuto far nulla : quindi, una condanna per abusi amministrativi era prevedibile.
Ma qui la sentenza lo condanna per aver usato strumentalmente la sua attività per crearsi un carriera politica e poi per arricchimento personale.
Per il primo punto allora dovemmo condannare ogni buon politico perché ha agito per aver successo elettorale.
Per l’arricchimento personale resto molto perplesso: anche la sentenza, come tutti gli accertamenti, riconosce che Lucano non si è affatto arricchito, anzi è decisamente in ristrettezze finanziarie. Nelle motivazioni si parla vagamente di acquisto di immobili; ma da parte di chi se Lucano è riconosciuto povero. Forse, si pensa che un giorno, quando che sia, quegli immobili potrebbero diventare di proprietà di Lucano. Io non capisco, ma quello che capisco è che questa sentenza sarà capovolta in appello chi sa fra quanti anni e darà ancora un altro colpo alla credibilità della magistratura.

Tuttavia qui non vogliamo occuparci delle vicende giudiziarie ma della validità  o meno del modello Riace.

Il fatto che Lucano meritasse o meno 13 anni di carcere non significa che il modello Riace fosse o meno generalizzabile: è altra cosa. Se scopriamo che si è rubato sulla costruzione di un’autostrada (avviene quasi sempre) non per questo diciamo che quella autostrada fosse inutile e non costruibile. Con questo criterio noi non faremmo più niente.

Vediamo quindi innanzitutto in cosa consiste seguendo https://www.collettiva.it/rassegna/2…cheda_-485718/

Come funziona il modello Riace

L’inizio.

Il modello di accoglienza del comune di Riace è iniziato nel 1998, con lo sbarco di duecento profughi dal Kurdistan. In quell’occasione è nata l’Associazione Città Futura, per aiutare i migranti appena sbarcati mettendo a disposizione le vecchie case abbandonate dai proprietari emigrati negli anni dal paese. L’obiettivo era rivitalizzare un comune ad elevato rischio spopolamento. L’Associazione, intitolata a Don Pino Puglisi, aveva l’obiettivo di gestire le pratiche di asilo e ospitalità dei migranti all’interno del progetto Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) che, da quel momento in poi, hanno cominciato a popolare la cittadina. Grazie alle politiche di inclusione, Riace, che ha fatto da apripista al modello Sprar, è riuscita a dare ospitalità non solo ai rifugiati (per il momento sono 400 in tutto il paese), ma anche agli immigrati irregolari con diritto d’asilo, mantenendo in vita servizi di primaria importanza come la scuola e finanziando il comune con micro attività imprenditoriali legate all’artigianato e all’agricoltura.

Integrazione diffusa.

L’integrazione dei migranti è assicurata da circa settanta mediatori culturali assunti dal Comune e al momento facenti parte del sistema Sprar. Sulla scia dell’esperienza di Riace, in questi anni i Comuni della Locride hanno aperto le porte ai profughi. Gioiosa Jonica, Stignano, Benestare, Africo e altri. Nel 2017 erano 194 i Comuni che in tutta la Calabria hanno aderito al sistema di accoglienza dei migranti Sprar. Il nuovo ‘decreto sicurezza’, varato dal ministro dell’Interno Salvini, cancellerebbe però questo sistema a vantaggio di centri di smistamento con finalità più detentive che integrative.

La moneta virtuale’.

Per sopperire ai ritardi con cui arrivano i finanziamenti per i progetti di accoglienza, a Riace sono tuttora in uso dei “bonus”. Si tratta di una sorta di moneta virtuale nata circa dieci anni fa da un’idea del sindaco. Per ricevere i finanziamenti ci vogliono infatti sei o sette mesi. Il sistema ha come obiettivo l’incentivazione dell’economia locale. I negozianti di Riace si sono resi infatti disponibili ad accettare i bonus, che sono convertiti in euro non appena i fondi vengono erogati. I bonus equivalgono al pocket money di 2,5 euro al giorno per migrante, che diventano 175 euro mensili, 310 per due persone e 375 per un nucleo familiare da 3 persone in su.

Attività commerciali.

Molti dei migranti e dei residenti di Riace trovano impiego presso le locali botteghe, cercando di rivitalizzare mestieri e tradizioni ormai in disuso. Negli anni sono nate diverse officine di ceramica, tessitura con telaio manuale e filatura della lana; ma anche laboratori per la preparazione di conserve alimentari, lavorazione del latte, del pane e del cioccolato. Un vecchio frantoio con macine di pietra destinato alla produzione di olio d’oliva è stato ristrutturato e dotato di attrezzature moderne. Secondo il progetto originario, la struttura dovrebbe impiegare alcuni migranti attraverso lo strumento delle borse lavoro.

Scuole.

Mentre in altri piccoli centri le scuole chiudono per mancanza di studenti, l’asilo finanziato dalla Regione Calabria nel 2017 ospita 30 bambini, tutti di diversa nazionalità, dando lavoro a 14 operatori. Le scuole (primaria, elementare e media) sono attive e multietniche allo stesso modo, così come anche il doposcuola.

Fattoria.

Nella fattoria didattica, inaugurata a inizio 2018, la gente del luogo lavora insieme ai migranti allevando animali e coltivando prodotti della terra con metodi equi e sostenibili.

Ambulatorio.

C’è anche un ambulatorio medico con un pediatra e un ginecologo che visitano gratuitamente gli abitanti del paese.

Albergo diffuso.

Con un mutuo di 51 mila euro erogato da Banca Etica si è intervenuti su case abbandonate da decenni, di proprietà di emigranti mai più tornati. Con il consenso dei proprietari, sono stati rimessi a posto infissi e impianti e ospitati turisti solidali da tutto il mondo. Attraverso il recupero delle case abbandonate (una ventina) sono stati creati in totale 100 posti letto.

In sintesi si tratta del tentativo di ripopolare antichi borghi: ma io penso allora che il modello Riace non può funzionare perché si basa sul ripopolamento dei borghi abbandonati. Ora se sono stati abbandonati non è stato certo per capriccio. Non credo che si tratti di incuria dello Stato: i borghi montani si spopolano per mancanza di lavoro e quindi anche i servizi finiscono con perdersi. Un tempo i contadini coltivavano tutte le terre, anche quelle poco fertili fra i monti. Attualmente la produzione agricola è sempre più in fattorie avanzate, a livello diremmo industriale e sempre più terreni vengono abbandonati. Basta girare un pò per rendersene conto.

Se noi ci mettiamo gli immigrati questi poi come vivranno?
Il vero fondamentale problema dell’immigrato è quello di trovare un lavoro, seppur piccolo e povero: se li buttiamo in posti dove la gente è fuggita perché non c’era lavoro come faranno? All’inizio qualche sovvenzione statale, qualche appalto dirottato più o meno regolarmente ma poi?

Si cerca di ripopolare gli antichi borghi regalando le case a quelli che hanno i mezzi per ristrutturarli e farsi delle case di vacanza : non è certo questo il caso degli immigrati che certo non cercano case per riposarsi nelle vacanze.

Si deve  pure considerare che occorre evitare di formare ghetti come avvenuto in Francia e Inghilterra in cui l’integrazione diventa quasi impossibile

Non è solo la destra a non voler immigrati, ci aggiunge solo una bandierina e una preconcetta contrarietà. E’ tutto il mondo avanzato, dagli USA all’Australia passando per l ‘Europa e il Giappone che non vuole più immigrati. Non per pregiudizio ideologico ma perché i lavori che facevano gli immigrati ormai non ne esistono più: la informatizzazione e la globalizzazione hanno messo fuori dal campo  del lavoro anche gli autoctoni delle mansioni più basse.

La differenza è che alcuni ci aggiungono un odio razziale, una avversione preconcetta e altri invece lo fanno a malincuore, mossi da sentimenti di empatia di umanità che sono poi i valori della nostra civiltà . Quelli che condividono veramente i nostri valori ( i veri italiani) sono quelli che vorrebbero accogliere ma non possono, quelli che mostrano odio e disprezzo sono quelli che non hanno i nostri valori occidentali e nazionali. A parte tutto, noi italiani non siamo mai stati razzisti: perfino i fascisti del secolo scorso cantavano Faccetta nera da liberare e fare italiana

Pubblicità