di Cristina Favati

Il mese di Luglio del 2022 sarà ricordato come l’inizio della rivolta delle donne contro la repressione inflitta loro dal regime degli Ayatollah.

Le storie di alcune giovani donne massacrate in quei giorni hanno fatto il giro del mondo e ci riempiono di orrore. Non dimenticheremo mai il nome di Masha Amini, 22 anni, uccisa di percosse in carcere per una ciocca di capelli sfuggita dal velo (l’hijab, che copre la testa delle bambine già dai 9 anni); o quello di Hadis Najafi, 22 anni, uccisa durante le proteste, o di Nika Shekarami, 16 anni, uccisa perché cantava una canzone del 1968 invisa al regime, “Soltane Shalbha, Re di cuori”, diventata ora la canzone simbolo delle proteste contro il regime iraniano.

Ma da dove viene questo furore che il regime degli Ayatollah ha rivolto contro le donne? Da molto lontano, da quando la rivoluzione khomeinista nel 1968-69 sostituì la monarchia trasformandola in repubblica islamica sciita di stretta osservanza fondamentalista e teocratica, che detiene il record mondiale di esecuzioni di donne.

Le notizie parziali di questa violenza del regime sono però molto più recenti e sono riportate dal Comitato delle donne del Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran, secondo il quale più di 110 donne sono state uccise nelle carceri iraniane negli ultimi 10 anni. Mitra, Farzaneh, Hajar, Zahra, Ameneh, Zeinab sono solo alcune di queste donne e di loro conosciamo solo il nome con la data dell’esecuzione. Le esecuzioni infatti avvengono in segreto e nessuno ne conosce il numero esatto.

Dobbiamo alla scrittrice Golrokh Ebrahimi Iraee, a sua volta incarcerata nel 2019 per la sua difesa dei diritti umani, il racconto delle storie delle donne incarcerate che lei ha conosciuto.

Molte donne erano state vittime di violenze domestiche, percosse, stupri, perpetrati dai mariti. Molte si erano rivolte alla legge per ottenere il divorzio, mai concesso perché questi crimini non sono ritenuti tali. Molte avevano infine ucciso il marito per non essere a loro volta uccise e ora pagavano con la vita la ricerca della loro libertà. Il regime infatti utilizza la pena di morte come forma di punizione: donne stuprate, violentate dai mariti e infine uccise dal regime.

Alla luce di questi fatti, il coraggio delle ragazze che hanno preferito rischiare la vita nel Luglio del 2022, in nome della libertà di tutte le altre donne, è immenso. Anche la morte è apparsa loro meno tragica di una vita in assenza di libertà.

Le donne come loro cambieranno il mondo: la loro lotta è solo cominciata e non si fermerà.