di Giovanni De Sio Cesari

Per il Natale   Putin ha proclamato una tregua unilaterale: non ci occupiamo qui degli aspetti militari del fatto  ma prendiamo spunto da esso per riflettere  sugli aspetti religiosi della attuale guerra in Ucraina.  Certamente essa non è una guerra religiosa; pero è anche vero che, comunque, in ogni conflitto esistono anche aspetti che coinvolgono la religione  e la guerra in Ucraina non costituisce una eccezione.

Nella tregua dichiarata da Putin si usa strumentalmente un fatto religioso  per fini politici.  Era rimbalzata in Occidente la notizia che anche durante il Natale non si erano fermati i bombardamenti russi sulle  infrastrutture ucraine ma in linea generale l’ opinione pubblica occidentale non aveva percepito che il natale in Ucraina non cade nello stesso  giorno che in Occidente, ma 13 giorni dopo, in quello che per noi è il 7 gennaio.  Non è un fatto banale  ma ha un suo valore di identità culturale. Ci pare opportuno  un breve excursus storico.

Nel 1582   fu modificato il calendario in uso dal tempo dei romani ( calendario giuliano ) ormai non più rispondente  a quello astronomico e la decisione fu sanzionata  da Papa Gregorio XIII ( calendario gregoriano).  I cristiani orientali, ormai staccati da Roma  ( non solo ortodossi ma anche copti, armeni ecc.), continuarono ad usare il calendario precedente e quindi il 25 gennaio per essi cade 13 giorni dopo, il nostro 7 gennaio.

 In particolare , la Russia, per un forte sentimento identitario  rifiutò il nuovo calendario attenendosi a quello tradizionale anche per gli aspetti civili . Ad esempio,  come è noto, noi chiamiamo Rivoluzione di Ottobre quella che in realtà avvenne il 6 e 7 novembre per il nostro  calendario  che però, per quello in vigore in Russia, era il 24 e 25 ottobre. In seguito, con l’avvento  del comunismo,  per sua natura  internazionalista, si adottò il calendario ormai di uso quasi universale ma la Chiesa Ortodossa mantenne invece quello tradizionale per una questione identitaria.

 In Ucraina ora esistono quelle che potremmo  definire  4 chiese cristiane diverse. Con la proclamazione della indipendenza, secondo la tradizione ortodossa, si è formata una chiesa autocefala ortodossa ucraina, staccata da quella di Mosca; tuttavia, la popolazione di lingua russa, in genere, continua ad aderire  al patriarcato di Mosca . Una minoranza degli Ucraini ( la Galicia, soprattutto oblast di L’viv) invece aderì  al cattolicesimo nel 600 quando  faceva parte del regno di Polonia; ma, ha mantenuto   rito e tradizioni ortodosse e quindi celebra il natale anche essa il nostro 7 gennaio. Vi è poi una piccola minoranza  (soprattutto Polacchi) che  invece è di rito latino e quindi celebra  il natale il nostro 25 dicembre.

Nel corso di questi giorni si è manifestata in Ucraina una tendenza a festeggiare il natale  nella data degli Occidentali come d’altronde fanno gli ortodossi greci, bulgari e rumeni  : un evidente abbandono delle tradizioni orientali e un muoversi verso quelle occidentali di cui la Ucraina di oggi pare volersi muovere con decisione .

Putin, proclamando una tregua natalizia il 7 gennaio,  ha voluto ribadire l’appartenenza dell’ Ucraina tutta alle tradizioni russe.

 Ovviamente la questione del  natale è solo un momento di qualcosa di più ampio e profondo: una questione di identità.

 L’Ucraina è parte del mondo orientale o di quello occidentale ?

L’ingresso dell’ Ucraina nella UE sarebbe un mutamento d’identità da quella bizantina russa a quella latino germanica.  Un’Ucraina occidentalizzata comporterebbe prima o dopo anche una Russia tutta occidentalizzata, cosa che il forte  spirito nazionale  russo non accetta. Quando il patriarca di Mosca Cirillo proclama una specie di guerra santa  contro l’Occidente , definito decadente e corrotto, esprime  la stessa preoccupazione. Ma se  Cirillo patriarca di Mosca giustifica la guerra in Ucraina come lotta contro un Occidente succubo dai LGBT (che esagerazione), Filarete patriarca di Kiev ( ora Kyiv) patriarca della recente chiesa autocefala di Ucraina,  ha sostenuto che il Covid era la punizione divina per la accettazione dei LGBT: eppure ora sono uno contro l’altro. 

Ci viene anche notizia che le autorità ucraine hanno revocato la cittadinanza a 13 sacerdoti  aderenti al patriarcato di Mosca con l’accusa, non sappiamo quanto fondata , di fare propaganda per i Russi: certo fatti del genere possono incendiare ancora più la situazione in Ucraina facendo esplodere anche un conflitto religioso difficile poi da spegnere.

In fondo l’identità di un popolo è anche soprattutto nelle sue tradizioni religiose e quindi un conflitto di identità, come ci pare essere quello ucraino, diventa anche un conflitto religioso, come è stato ad esempio per secoli quello fra la Irlanda cattolica e Inghilterra protestante  o quello in Spagna  fra cristiani e moros. 

Noi occidentali oramai abbiamo superato ( almeno nelle linee generali) certi conflitti di identità e religiosi e tendiamo quindi a  sottovalutarli, ma nell’est del nostro continente essi si manifestano ancora con virulenza. Si pensi alla tragedia che alla fine degli secolo scorso ha scosso drammaticamente  la ex Jugoslavia dilaniata da conflitti etnico religiosi.

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