di Cristina Favati

In queste settimane si discute molto di maternità surrogata, detta anche gestazione per altri (GPA) o utero in affitto. Noi femministe ne parliamo da anni e la riteniamo una nuova forma di schiavitù che il patriarcato usa per assoggettare il corpo delle donne, cercando di annientare di fatto il potere generativo che è esclusivo della donna. Di cosa si tratta? In pratica c’è una donna che “presta” il suo utero per consentire di avere un figlio a coppie eterosessuali con problemi di sterilità o a coppie omosessuali che “desiderano” essere genitori.

Queste donne sono generalmente povere, vivono prevalentemente in paesi del terzo mondo e scelgono di portare nel proprio utero il figlio di altri per denaro, mettendo anche a rischio la propria salute, perché, per indurre la maternità, è necessario somministrare ormoni durante tutti i nove mesi di gravidanza, fatto che può risultare molto pericoloso. Una volta firmato il contratto, queste donne non potranno ripensarci, tornare indietro. Il figlio che partoriranno verrà sottratto alla loro vista da subito, apparterrà ad altri e loro non ne sapranno mai più nulla.

Esiste una fiorente industria che segue tutto questo percorso nei paesi dove la GPA è consentita. Si tratta di una vera e propria mercificazione del corpo femminile. Dal momento che il costo per un figlio nato con GPA può anche arrivare a 120 mila dollari e più, questa pratica può essere utilizzata solo da coppie molto benestanti. I connotati del figlio, sesso, colore degli occhi e della pelle, possono essere scelti su cataloghi confezionati appositamente. In Italia la maternità surrogata è illegale, ma capita frequentemente che i committenti, aggirando la legge, vadano all’estero per affittare un utero dove la legge lo consente.

Se poniamo il tema della maternità surrogata in questi termini la maggior parte delle persone affermeranno che pagare per avere un figlio non è una buona pratica, ma…se la madre surrogata fosse un’amica o una parente, allora forse sì, la GPA potrebbe essere consentita. La chiamano “maternità altruistica”, in cui il bambino che nasce diventerebbe un “dono” da regalare a chi lo desidera. Per fare un esempio pratico: se io, madre, zia, sorella, amica di qualcuno/a che non può avere bambini “donassi” il mio utero (“il corpo è mio e lo gestisco io”) per regalare la gioia di diventare genitori a quella coppia o a quella persona, allora forse sì questo potrebbe essere consentito, per alcuni anzi “dovrebbe” essere consentito.

Riflettiamo bene: in tutto questo, c’è un essere umano che appare del tutto assente, invisibile, protagonista che non ha scelto di esserlo, assoggettato al desiderio di qualcuno/a: il bambino! Ormai si sa, per comprovati studi svolti dalla Scienza, che, durante i nove mesi, madre e figlio non si scambiano solo nutrienti e ossigeno, ma in quella particolare fase si crea un legame indissolubile tra di loro, legame che nulla può spezzare o eliminare. Resterà tale per tutta la vita di entrambi. Il bambino pronuncerà la parola “mamma” come prima parola e il vecchio la nominerà nel momento della sua morte. “Mamma”, parola eterna per ogni essere umano.

Allora un nostro desiderio vale così tanto da spezzare questo legame? Pensiamoci prima che sia troppo tardi.