
Pochi chilometri fuori la città di Messina lungo la strada che risale i Monti Peloritani ai piedi del Colle di San Rizzo, sorge lungo il greto di un torrente l’antica Chiesa di S. Maria della Valle o della Scala detta anche “La Badiazza”. La Chiesa faceva parte del monastero di Santa Maria della Valle Josafat. Secondo lo storico gesuita Placido Samperi il monastero sarebbe stato utilizzato dalle monache dell’Ordine basiliano in epoca bizantina, in seguito dell’Ordine cistercense e infine in epoca normanna dell’Ordine benedettino (Iconologia della Gloriosa Vergine Madre di Dio protettrice della città di Messina, 1644).
Diverse sono le ipotesi sull’epoca di costruzione della Chiesa, anche se la maggior parte degli esperti ne fa risalire la prima fondazione all’epoca normanna.
Nel 1167 il titolo della Chiesa, da «Santa Maria della Valle» fu cambiato in «Santa Maria della Scala» a causa di un evento miracoloso legato all’immagine sacra raffigurante la Madonna della Scala.
La mescolanza di caratteri normanni, svevi e aragonesi negli elementi decorativi fa pensare a più interventi costruttivi in epoche diverse. Il primo riferimento certo è il 1168, quando Guglielmo II il Buono dichiarò la Chiesa “cappella reale”. Il sovrano assieme alla madre Margherita di Navarra e di Sicilia assegnò anche vari privilegi e donativi alla chiesa.
Privilegi, concessioni e rendite furono accresciuti nel 1196 da Costanza d’Altavilla, figlia di Ruggero II di Sicilia e moglie dell’Imperatore Enrico VI di Svevia (figlio di Federico Barbarossa).
Così riferisce il Samperi nel libro già citato:
Fu questo Monasterio accettissimo, per l’odore della santa honestà, e delle religiose virtù, che per tutto spargeua, a’ Rè di Sicilia, da’ quali con molta liberalità impetrò la loro perpetua protettione, facendolo Cappella Reale, e dotandolo di ricche possessioni, et entrate; sicome si vede nell’ampio Priuilegio di Guglielmo II Rè di Sicilia nel mese di Marzo dell’anno 1168,nel quale concede all’Abbadessa Antiochia il Casale del Conte, nomato da Saraceni Rachal Elmerim, nella Piana di Milazzo. Così anché fece la Maestà Cesarea d’Henrico VI, come ne få mentione l’Imperatrice Costanza nel suo priuilegio dato à 13 di Febraro dell’anno1196.
Ulteriori privilegi e concessioni furono elargiti da Federico II di Svevia figlio di Costanza ed Enrico VI, Re di Sicilia, Re di Napoli e Imperatore del Sacro Romano Impero dal 1198 al 1250.
Il complesso fu danneggiato durante la guerra dei Vespri nel 1282 dagli angioini che trafugarono o distrussero molte opere d’arte che l’adornavano.
Fu in seguito restaurato ed ingrandito da Federico II d’Aragona, Re di Sicilia dal 1296, che ricostruì anche la Chiesa. Lo stile architettonico della Chiesa fu rivoluzionato dagli interventi di restauro effettuati in quel periodo con l’inserimento di elementi in stile gotico siciliano.
A partire dalla metà del Trecento, le monache si stabilirono all’interno della cinta muraria di Messina, e utilizzarono il vecchio convento solo come dimora estiva. A partire dal Concilio di Trento, con l’imposizione della clausura, il complesso fu definitivamente abbandonato e rimase esposto al degrado.
Il monastero andò completamente distrutto mentre la Chiesa, spogliata degli arredi e in parte crollata per un terremoto nel 1851, si riempì di detriti durante l’alluvione del 1855 e continuò a subire le offese delle intemperie e infine quelle del terremoto del 1908.
Dopo gli interventi di recupero successivi al sisma del 1908 altri furono eseguiti negli anni ’50 del Novecento a cura della Soprintendenza alle Belle Arti, incluso un muro di contenimento per proteggere il monumento dalle alluvioni. Attualmente è in fase di restauro a cura della Soprintendenza ai Beni Culturali di Messina.

L’interno della Chiesa presenta tre navate coperte da volte a crociere, unite da un transetto a pianta quadrata.
Sul transetto si innestano tre absidi semicircolari, ciascuna delle quali presenta un’edicola per custodire i vasi liturgici. Sul fianco nord si apre una elegante porta ogivale. Sul fianco sud del transetto si apre una porta di collegamento al monastero, del quale oggi rimangono solo poche tracce. La cupola internamente presenta delle nicchie angolari di fattura araba. Le finestre sono ripartite su due ordini. L’intero fabbricato è ornato da merli, che gli conferiscono il carattere di una “chiesa fortificata” come tante altre esistenti in Sicilia.
Le absidi presentavano ricchi mosaici eseguiti in epoca sveva dei quali rimane solo un piccolo frammento raffigurante la testa di San Pietro Apostolo, oggi custodito nel Museo regionale di Messina insieme ad un manufatto in maiolica raffigurante una Madonna col Bambino attribuito alla bottega di Luca della Robbia.
