L’Unione Europea
Negli ultimi tempi vi è stato un attacco notevole contro l’Unione Europea. Sembra che tutti i nostri mali dipendano da lì, ed in particolare dal potere della Germania, e si sostiene che la UE non sia democratica.
Che dire di queste critiche? Partendo da quest’ultima, è facile vedere che è infondata. La UE è infatti un organismo sovranazionale, i cui rappresentanti nelle varie istituzioni europee sono nominati in modo paritario tra i vari stati membri. Certo le procedure di raccordo andrebbero migliorate ─ e si auspica il progresso verso gli “Stati Uniti d’Europa” in tal senso ─ ma non si può parlare di mancanza di democrazia in ambito UE.
Sulla Germania, sicuramente trae vantaggio dalla moneta unica ─ al posto di un marco che si rivaluterebbe ─ per accrescere il suo avanzo commerciale. Inoltre, è vero che potrebbe utilizzare il suo avanzo per scopi comuni della UE più di quanto non faccia, e che sembra piena di pregiudizi (per dire il minimo) nei nostri confronti.
Ma, detto tutto ciò, è l’avanzo commerciale tedesco (che oltretutto interessa in particolare i Paesi extra UE) la causa del nostro declino? O non sono forse decenni di neo-liberismo globale e nostrano (in particolare Berlusconi ed il berlusconismo di destra e di sinistra)?
Neo-liberismo che ha determinato, in particolare nel nostro Paese, un aumento della inefficienza pubblica e privata, la quale ha favorito la svendita o la dismissione dei settori portanti della nostra economia.
In questo senso il neo-liberismo è dannoso non solo perché taglia la spesa pubblica (per i ceti più deboli). Ma anche per la circostanza che, svalutando il ruolo del settore pubblico, non ne comprende il ruolo insostituibile per il mantenimento della domanda effettiva e per lo sviluppo del capitale sociale di conoscenze e di innovazione il quale, come è noto, diventa sempre più centrale per lo sviluppo economico.
Un esempio eclatante di tale inefficienza è costituito dai Fondi strutturali UE ─ chiaramente strategici per ridurre i divari territoriali e migliorare le infrastrutture materiali ed immateriali ─ ma che per lo più sono stati utilizzati malissimo (o non sono stati utilizzati affatto per mancanza di progettualità).
– L’Euro
Lo stesso discorso può applicarsi alla proposta di uscire dall’euro. I vantaggi sarebbero, secondo i suoi assertori, un recupero della potestà sul tasso di cambio e sul tasso di interesse. Questa però è pura fantasia. Un Paese debole come l’Italia, in balia della crisi economica e della speculazione, non avrebbe proprio nessuna autonomia, né sul tasso di cambio né sul tasso di interesse! Diventeremo una colonia di Trump, della Russia e della Cina, ed il risultato sarà una balcanizzazione del Paese.
Ma anche se vi fosse tale autonomia, sarebbe sufficiente per risolvere i problemi economici? Basta vedere la situazione di tanti Paesi emergenti con potestà (più apparente che reale) del tasso di cambio e del tasso di interesse per rendersi conto che ci vuole ben altro per risolvere i loro problemi. La situazione dell’America latina è evidente al riguardo, la mancanza di un’unione monetaria e di una moneta comune non hanno certo aiutato a risolvere i loro problemi.
– Quali politiche?
Indubbiamente, molte cose andrebbero migliorate in ambito UE, ma il problema vero è che non si riesce ad uscire, a partire dalla nostra mente, da una trappola neo-liberista. E che di conseguenza, si fanno critiche viscerali e generiche alla UE, ma poche proposte concrete. Ad esempio, si criticano i parametri di Maastricht (che sono lungi dalla perfezione) ma non è chiaro con cosa bisognerebbe sostituirli. A questo riguardo è importante ricordare che tali parametri ─ ponendo il limite del 3% alla quota del disavanzo pubblico sul PIL e del 60% alla quota del debito pubblico sul PIL ─ sono ben compatibili con livelli elevati di spesa pubblica. Ma non si osano proporre aumenti in tal senso, perché andrebbero troppo contro la retorica neo-liberista. A ciò contribuisce anche, come notato in altri post, il super-io psicoanalitico relativo alle fantasie avide di svuotare il seno materno (rappresentato dalla spesa pubblica).
In pratica, si chiede solo maggiore flessibilità di bilancio (ossia fare più deficit).
Premesso che i disavanzi di bilancio sono sempre preferibili alle politiche di austerità, occorre anche dire che puntare solo sui disavanzi è insostenibile, ed alimenta, con il debito pubblico, la finanziarizzazione dell’economia.
Gli Usa sono un buon esempio: sono sempre stati, anche grazie al loro potere politico, in ampio deficit negli ultimi decenni, eppure le diseguaglianze e le speculazioni incontrollate culminate nella crisi del 2008 non sono stati eliminate (anzi sono stati rinforzate da tali politiche).
Un altro esempio pertiene all’organizzazione del sistema bancario e finanziario in ambito UE.
Si sente spesso dire, “vogliamo l’Europa dei popoli e non l’Europa delle banche e della finanza”. E come non essere d’accordo! Il punto è che, a parte astratti proclami rivoluzionari, vi sono pochissime proposte concrete. In effetti, l’unica proposta è quella di uscire dalla UE, nell’idea che un più completo “sovranismo” possa porre le basi per un’economia più giusta e solidale. Ma questa è pura illusione: il potere delle banche e del capitale finanziario esisteva ben prima della UE, e si esercitava (e si esercita) con maggiore forza proprio nei Paesi più sovranisti (la Spagna franchista del dopoguerra ed il Cile di pinochet costituiscono ottimi esempi al riguardo della perfetta coniugazione di politiche neo-liberiste, dominio del grande capitale e regimi dittatoriali).
Eppure, in attesa della rivoluzione totale, si potrebbero portare avanti con forza in ambito UE, da parte progressista e di sinistra, una serie di politiche antitetiche al neo-liberismo.
Tali politiche, se applicate su larga scala, sarebbero già una rivoluzione, perché porrebbero un limite drastico alla finanziarizzazione dell’economia, migliorando nel contempo la democraticità ed accountability del settore bancario.
Tali politiche potrebbero essere attuate da subito, e potrebbero intervenire sui seguenti obiettivi interrelati: (i) tasso di interesse reale permanentemente basso; (ii) limiti precisi alle attività speculative; (iii) attività delle banche rivolta a finanziare e a promuovere in modo trasparente le attività imprenditoriali e sociali, con particolare attenzione alle piccole e medie imprese; (iv) migliore raccordo delle banche centrali con la ECB (European Central Bank), anche attraverso un utilizzo più ampio dell’ESM (European Stability Mechanism), https://www.esm.europa.eu/
L’ESM è un istituto poco conosciuto ma che ha svolto un ruolo centrale nel finanziare Paesi in crisi (ad esempio la Grecia e Cipro). In effetti, si può dire che con l’ESM ─ le cui potenzialità sono ancora largamente inutilizzate ─ è ora possibile creare una notevole quantità di nuovo potere d’acquisto da immettere nel circuito economico. La vera sfida è indirizzare tale moneta fresca non a vantaggio dei grandi gruppi ma dello sviluppo economico e sociale.
Tali misure andrebbero accompagnate da un’elevata ed efficiente spesa pubblica, tassazione progressiva, limitati deficit di bilancio, valorizzazione del lavoro e partecipazione dei lavoratori, promozione della ricerca e dell’innovazione, tutela dell’ambiente, migliore raccordo tra le varie politiche economiche.
In conclusione, una migliore capacità propositiva permetterebbe, anche nei limiti della UE (che bisogna chiaramente superare nel senso di una maggiore integrazione e partecipazione), di intraprendere tante iniziative progressiste e di sinistra, che rilancerebbero davvero uno sviluppo equo e sostenibile.
Ed il problema spinoso dell’immigrazione? Le soluzioni alla Salvini (prima gli italiani) sono, oltre che profondamente immorali, inefficienti.
La storia ha insegnato che nazionalismo e xenofobia sono alimentati ed alimentano in un circolo vizioso solo paranoie, tensioni e conflitti generalizzati, ma, come qualcuno osservava, la storia insegna che gli uomini dalla storia non imparano niente. Il problema si risolverà solo quando saranno risolti i problemi economici e politici delle rispettive aree.
L’auspicio è che ora ci si renda conto che problemi sistemici e globali richiedono misure altrettanto sistemiche e globali per la loro soluzione.
Arturo Hermann