di Salvatore Venuleo
Resto esterrefatto per come il leader ceda del tutto al padre.
Provo a mettere a posto le cose nella mia mente. Comprendere e non giustificare, certamente.
Si dovrebbe comprendere sempre, anche l’orrore, se l’intelligenza è un valore, e giustificare talvolta. Provare empatia è cosa diversa. Io non la provo in questo caso. Non mi identifico. So bene che la paternità oggi si associa alla protezione, ma anche alla disattenzione.

Oggi meno che prima conosciamo il mondo dei nostri figli ed è faticoso tentare di entrarvi.
I bulli ed i violenti sembrano non avere né padri né madri. Nel senso che padri e madri non riescono a pensare ai propri figli come stupratori. Mio figlio deve essere stato sedotto o plagiato o drogato o costretto.
Ricordo un’amicizia di tanti anni fa con una coppia di genitori. Il figlio denunciato perché appartenente ad una banda di studenti “bene” protagonisti della devastazione del liceo. Ricordo quel padre e quella madre alla ricerca del migliore avvocato. Ricordo con quale apparente convinzione escludevano che il pargoletto potesse aver defecato sulla cattedra o dato fuoco ai banchi. Percepirono la distanza mia e di mia moglie. Fu la fine di una lunga amicizia.
Appunto, anche allora comprendevo, ma non giustificavo e non provavo empatia. So che quello che si chiama “amore” è un disvalore se “amare” qualcuno significa odiare o essere indifferente al resto del mondo. Se “amare” un figlio significa l’impossibilità di vederlo stupratore, l’impossibilità di entrare in empatia col dolore della vittima. In verità ho pensato anche alla sfortuna di essere fortunato, di essere figlio di un padre celebre e ricco, di disporre di una villa elegante nella Sardegna dei vip senza aver fatto nulla per meritarlo, di disporre della disattenzione indulgente di una madre che si fa i fatti propri in altro lato della villa.
Lo ribadisco: indulgenza ed “amore” (quell’amore) sono l’altra faccia della disattenzione rassegnata.
Altro tema è che un movimento si dia un capo capace di infischiarsene del bene della sua parte politica.
Quel che è successo dovrebbe insegnare al movimento almeno questo: non ci sono garanti solitari, non c’è salvezza se non c’è partecipazione e condivisione. Uno non vale mai uno, ma neanche più degli altri tutti insieme. E non ci sono capi che non abbiano bisogno di essere consigliati, guidati o mandati a quel paese, se occorre.
Io non collego il disgusto per le parole eccessive di Grillo con il M5S; ha sbagliato, forse incentivato dalla macchina del fango messa in atto dai soliti noti per colpire soprattutto il Movimento per interposta persona. Aspettiamo la sentenza dei giudici.
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